Non c’è retorica nel dire che non dobbiamo dimenticare, soprattutto quando si tende a negare fatti storici ampiamente documentati. A volte si ricorda la morte in nome della vita. Spesso il ricordo è un segno di tacita pietas. Mi pare di avere un debito di vita nei confronti di chi è stato vittima degli aspetti più tragici, ingiusti, disumani e folli della storia, passata e presente. A prescindere dal tempo, dal luogo, dalle circostanze, dalle presunte ragioni e dalle bandiere i sentimenti di tutte le vittime sono sempre gli stessi e forse anche quelli di coloro che, come noi , hanno la fortuna di poterne parlare. In fondo il linguaggio del cuore, nel bene e nel male, è universale e appartiene alla persona. Ricordare serve a riflettere su quei valori che danno significato alla vita e a orientarla al meglio.
Dobbiamo ricordare le generazioni di ieri in nome della vita e della pace per quelle di oggi e di domani in ogni parte del mondo.
15 luglio 1944:
« “la gioventù in fondo è più solitaria della vecchiaia.” Questa massima che, ho letto in qualche libro mi è rimasta in mente e l’ho trovata vera; è vero che qui gli adulti trovano maggiori difficoltà che i giovani? No, non è affatto vero.
Gli anziani hanno un’opinione su tutto, e nella vita non esitano più prima di agire. A noi giovani costa doppia fatica mantenere le nostre opinioni in un tempo in cui ogni idealismo è annientato e distrutto, in cui gli uomini si mostrano dal loro lato peggiore, in cui si dubita della verità, della giustizia e di Dio. Chi ancora afferma che qui nell’alloggio segreto gli adulti hanno una vita più difficile, non si rende certamente conto della gravità e del numero di problemi che ci assillano, problemi per i quali forse noi siamo troppo giovani, ma ci incalzano di continuo sino a che, dopo lungo tempo, noi crediamo di aver trovato una soluzione; ma è una soluzione che non sembra capace di resistere ai fatti, che la annullano.
Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà. È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione.
Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte il rombo, l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità. Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili.»
Anna Frank, op. cit. , 15 luglio 1944, pp 268-268.
Giornata della memoria: 27 gennaio 2014
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Credo anch’io che non ci sia retorica, ora che ho una figlia lo credo più che mai.
@pendolante:
Maria nessuna retorica.
L’essere umano ha nel suo archivio tante parole e molte volte le usa anche in contesti sbagliati.Come si può dimenticare, come possiamo definire retorica un genocidio?
Tante persone si sono astenute di parlare Del Giorno Della Memoria per non cadere nella retorica. Inserire le immagini non mi piace, per rispetto alle persone, che son certa non farebbe piacere neppure a loro.
Buonanotte!
@Rosy:grazie per il commento, cara Rosy. Le immagini di qualsiasi genocidio, che molti hanno ben impresse nella memoria, superano ogni retorica.