Le persone della nostra vita sono un po’ come le stelle.
Tutte comunque lasciano una scia indelebile dentro, una traccia che nulla potrà oscurare e spegnere: una luce fatta di polvere di stelle, che scalda, rischiara, anima e dà un senso al nostro passaggio nell’universo, al nostro sentirci sospesi tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. A volte siamo come un orizzonte, linea di demarcazione irraggiungibile e indefinibile, eppure esistente, protratti verso un infinito che va oltre ogni confine e ogni tempo.
Spesso le piccole cose di casa, lettere, quadri, libri, fotografie mi ricordano la luce di persone care, con le quali sento ancor vivo il legame. Custodisco gelosamente in me la luce di quelle stelle che mi hanno insegnato a orientarmi, a vedere oltre e leggermi e alle quali sono riconoscente con l’affetto degli anni giovanili e con la grande stima di un’età più matura.
Da un paio di giorni scruto il cielo, certa che la mia stella è sempre lì per farmi ritrovare una dimensione dispersa da qualche parte. Mi hai detto che anche tu guardi le stelle quando sei sul ponte a fare la guardia, e io vorrei essere lassù per guardarti come quando dormivi e ti ho visto diventare uomo, anno dopo anno. “Quando nessuno le guarda le stelle non sono più stelle. Forse sono diamanti, polvere di fate, risate di bambini, re o schiavi. Sono come siamo noi quando nessuno ci guarda.” (Fabrizio Caramagna), fragili e forti come una madre e un figlio, un padre e una figlia. Comunque polvere di stelle.
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