Ma dimmi tu questi negri
che vengono a prendersi per disperazione
ciò che noi ci prendemmo con la violenza,
la spada e la croce santa,
lasciandoci dietro solo disperazione.
Ma dimmi tu questi negri
che hanno cellulari e guardano le nostre donne,
mentre noi da sempre
ci fottiamo le loro
un tanto a botta nelle strade nere delle periferie,
e prendiamo il silicio dalle cave delle loro terre,
e come osano poi questi negri
avere desideri proprio uguali ai nostri
manco fossero umani.
Ma dimmi tu questi negri che attraversano il mare
come se fosse messo lì per viaggiare
e non per tenerli lontani,
per galleggiare e non per affondare,
per andare e non per tornare.
Ma dimmi tu questi negri
ex schiavi dei bianchi
che vengono qui a rubarci il pane
proprio ora che gli schiavi siamo noi
messi in ginocchio e catene
da politici e finanzieri bianchi
con colletti bianchi
e canini e incisivi sorridenti
e perfettamente bianchi,
che in meno di trent’anni
ci hanno fatto schiavi.
Ma dimmi tu questi negri
che hanno scoperto ora che la terra è una,
è rotonda,
e che a seguire la rotta della loro fame
si arriva dritti dritti alla nostra opulenza.
Ma dimmi tu questi negri
che facessero come i nostri nonni:
cioè tornare nella giungla e sui rami alti
visto che sono loro i nostri progenitori
e che l’umanità è tutta africana.
Ma dimmi tu questi negri che non rispettano i confini della nostra ignoranza e i muri della nostra paura.
Ma dimmi tu questi negri che persino si comprano le sigarette
dopo che noi ci siamo fumati le loro foreste,
le loro miniere,
il loro passato,
il loro presente
ma abbiamo commesso l’imperdonabile errore di lasciargli una vita
e un futuro
a cui dimmi tu, questi negri,
non rinunciano mica.
Ma dimmi tu questi negri
che si portano il loro Dio da casa
anziché temere il nostro,
e sanno ninna nanne e leggende e favole più antiche delle nostre e parlano male la nostra lingua
ma benissimo le loro che però noi non capiamo.
Ma dimmi tu questi negri a cui non vogliamo stringere la mano
né far mettere piede in casa,
sebbene a ben guardare
abbiano i palmi delle mani e dei piedi perfettamente bianchi.
Proprio come i nostri.
Andrea Ivaz Melis
Spero che qualcuno rifletta
Ciao, benvenuta nel blog Lo spero anch’io.
La poesia è poetica, ma la sintesi poetica ( a mio prosaico giudizio) è errata. Si legge un razzismo rovesciato.
Ciao, benvenuto nel blog. Rovescia su noi i luoghi comuni che si dicono a riguardo degli extracomunitari per indurre a riflettere.
E’ chiaramente una provocazione…..
La frase piu’ bella :
” Ma dimmi tu questi negri che non rispettano i confini della nostra ignoranza e i muri della nostra paura ”
Infatti per quantp riguarda l’ apertura della nostra mente ( e del nostro cuore) ormai siamo noi il vero TERZO MONDO !
Sabina, grazie per il commento e benvenuta nel blog.
Caro Andrea, io, non ho fb, né twitter, ne tutte queste cose, ma leggo, e in internet vedo il mondo, quello che non ho mai potuto visitare, paesi bellissimi, e leggo, parole vere, profonde, che per caso ho trovato e che hanno raggiunto la mia anima fino in fondo, forse collegandola alla tua, perché ho avvertito un dolore grande. Il dolore di coloro che si sono avventurati nel pericolo e nella paura del buio del domani, di una lingua e di un paese sconosciuto, per portare miglioramenti a sé stessi ed al proprio popolo, sovente non raggiungendo mai la costa del proprio sogno. Inutili parole le mie Andrea, avvolte da un immenso dolore che ha il colore del dramma e della crudeltà muta. Un abbraccio e i miei complimenti a te che sai esporre per tutti coloro che pensano come te, i propri sentimenti, e non lo sanno fare. Silvana
Ciao,Silvana,benvenuta nel blog e grazie per avere condiviso il tuo commento.