Si racconta che il mitico folletto vestito di rosso col cappellino a sonagli, si aggirasse di notte per fare dispetti gli uomini e agli animali e che si divertisse ad andare nelle stalle ad intrecciare le code dei cavalli, a rubare i panni rossi stesi ad asciugare nelle corti, a sostituire i bambini nelle culle e a far perdere la strada di notte a chi malauguratamente si fosse messo a seguire le sue impronte.”
È una leggenda delle valli dell’Altopiano di Asiago , ricostruita e narrata dall’amica Filo nel libro “Il Sanguanelo della Valle del Ciòn”, pubblicato di recente.
Il personaggio burlone nacque da una còrnola, forse “da quella più grossa e lucida di quel ramo che spiava il torrente, un po’ isolata dalle sue sorelle…
Toc-toc-toc tre salti ammorbiditi dalla sabbia per fermarsi vicino al bordo della pozza di acqua stagnante. La cornola rimase in terra per qualche tempo, come in attesa dell’evento che di lì a poco sarebbe avvenuto. L’acqua infatti pian piano, quasi in risposta a un irresistibile richiamo, cominciò con lieve movimento ad avvicinarsi alla cornola solitaria, accarezzò il frutto e l’avvolse nel suo dolce abbraccio cullandolo dolcemente.
Passò il giorno e arrivò la notte. La luna spuntando dietro la cresta dei Ronchi, fece la sua comparsa nel cielo stellato e limpido e si mise all’opera per completare l’impresa iniziata dall’acqua. Con la sua straordinaria forza di gravità capace di alzare e abbassare le acque dei mari e degli oceani, come una misteriosa alchimia, mescolò le molecole dell’acqua con le vitamine della cornola dando così origine a una nuova forma di vita sconosciuta sulla terra.”
Nei racconti di Filo, tra suggestive descrizioni ed un’apparente semplicità narrativa che fanno decollare la fantasia e pensieri più profondi, vivono personaggi reali ed immaginari dei monti e dei boschi ,come le magiche Anguane , accomunati dall’improvvisa apparizione dello gnometto rosso.
“Te vedessi Cati, da soto al paion xè scapà fora un ometo picolo e tuto rosso.”
Salta fuori Checo del Ciòn, con voce ancora più alta:
-Te vedessi come ch’el corea, el ga traversà el Ciòn e l’è ‘ndà su par i Ronchi come un ghiro.-
-El gera rosso come ‘na cornola- borbottò Piero È.
-Come el sangue!- aggiunse infervorato Checo.
I due si guardarono con gli occhi ancora fuori dalle orbite per la sorpresa e dissero:
-Podaria essere el Sanguanelo!”
“Ora che i nostri figli stanno perdendo il ricordo dell’originaria armonia in cui tutti gli esseri erano interconnessi e il magico serviva a spiegare l’ignoto, vorremmo anche noi, con l’aiuto del Sanguanelo contribuire a salvare la memoria dei vecchi lavori, degli antichi nomi dei nostri nonni, dei toponimi e delle magiche creature che accompagnavano i giorni dei nostri antenati, creature nate dalla loro accesa fantasia, o forse, da occhi più attenti dei nostri…”
Una ragione in più per farlo rivivere nella nostra fantasia.
“Il Sanguanelo della Valle del Ciòn”
di Fiorella Lorenzi, illustrato con le opere di Severino Abriani
ed. La Serenissima
Maria,grazie! Sei stata proprio cara a pubblicare questo post sul Sanguanello. Quest’anno in agosto si terrà la terza e ultima manifestazione,devo trovare l’ispirazione per scrivere alti racconti, ma non sarà facile!
@Filo: dai, in un bel bosco ti verrà sicuramente l’ispirazione giusta.:)
Che bello quando gli animali parlavano. Parlano anche adesso ma stentiamo sempre più a capirli. Grazie Filo, grazie Skip.
@alberto: Io mi mantengo in allenamento con la mia tribù; in verità comprendo più i quadrupedi che i bipedi 😀
Grazie a te,Alberto, a presto!