… fra questo ceto c’è il maccheroncino,
Riccio di foretana e tagliarello
Cannarone di prete e fidelino
Cappelluccio, spaghetto e vermicello;
Lingua di passero e paternostrino
Di prete orecchio e scorza di nocello,
Lagana, tagliolino e stivaletto
Lasagna grossa e piccola, e anelletto:
Poscia le punte d’aghi, le stelline,
Che van più di mille in un boccone,
E le grate a mangiar rose marine
Li ditali e semenze di mellone,
Li tacchi e di scarola le semine,
Lo gnocchetto e di zita il maccherone
Acinetti di pepe e laganelle,
Seme di peparoli e tagliarelle.
Ma però, come diss’io, il primo vanto
Porta fra tutti quanti il maccherone.
(Antonio Viviani, “ Li maccheroni di Napoli”- 1824)
Ebbene sì, lo confesso: dopo aver letto questi versi, in piena notte fortissimamente resistetti alla tentazione di preparare un piatto di pasta… mi sarei accontentata anche di un po’ di pastina, sciuè sciuè.
Quante curiosità sulla storia della pasta !
I pastai producevano un nuovo formato di pasta in onore di re, regine, nobili e personaggi illustri che andavano a Gragnano per visitare i pastifici.
Nel luglio del 1845 re Ferdinando II con moglie, figli e corte al seguito, scortati da ben quaranta cavalieri, visitò gli opifici di paste lunghe e gradì molto i maccheroni, così dispose che durante il suo soggiorno nel Real sito di Quisisana (presso Castellammare di Stabia) i pastai di Gragnano gli fornissero la pasta, che per l’occasione fu detta “ i maccheroni del Re”
Nel 1885 il re Umberto I di Savoia e la Regina Margherita inaugurarono una linea ferroviaria che avrebbe agevolato l’esportazione della pasta collegando Gragnano con Castellammare di Stabia, quindi con Napoli e Caserta. Per l’occasione i pastai di Gragnano crearono le margherite ( pasta minuta) e le tagliatelle smerlate di diversa larghezza dette mafalde e le mafaldine .
I vari formati di pasta hanno nomi di curiosa derivazione che rispecchiano l’inesauribile fantasia dei pastai .
Orecchiette, linguine, gomiti, occhi, capellini, ricci richiamano il corpo umano.
Oggetti di uso comune hanno dato origine a ruote e rotelline, anelli, crocette, quadretti, puntine, penne (lisce e rigate), spaghetti e candele, mentre il coltello è indirettamente ricordato nei maltagliati, tagliatelle e tagliolini. L’abbigliamento ha ispirato il nome di fettucce, trenette, maniche e mezze maniche ( mancano gli scamiciati), nocchette, creste, stivaletti, perline, fiocchi, pennacchi, fibbie, guanti e cappelletti.
Dal cilindro o dall’idraulica sono derivati i tubetti, i tubettoni e i cannelloni, dalla forma attorcigliata le eliche, i fusilli, gli stortini,i tortiglioni. I solchi esterni hanno dato il nome alla famiglia di rigatoni, rigatoncelli e millerighe.
Fatti storici sono ricordati in tripoline, assabesi, bengasini, mentre la famiglia Savoia fu onorata con le succitate mafalde, mafaldine e margherite.
Paternostri e avemarie furono prodotti per i devoti in quanto il loro tempo di cottura bastava giusto giusto per recitare una preghiera. I fidelini non s’ispirarono alla fede, bensì al verbo arabo fâd che significa crescere.
Flora e fauna si sono riversate in tanti formati di pasta. Basti pensare alle lumache, farfalle, galletti, conchiglie, corallini, calamarata, occhi di lupo, di elefante e di pernice ( da non confondere coi calli), acini di pepe, semi di melone e di mela, risi e risoni, gramigna, sedani.
Della lasagna , dei vermicelli e degli ziti o maccheroni della zita, cioè della sposa, ne avevo parlato qui. Mi fa sorridere l’etimologia dei paccheri, che sono maccheroni giganti. In napoletano i paccheri indicano i sonanti schiaffoni a mano aperta ( pare che il nome derivi dal greco “ pan” e “keir” , cioè tutto e mano) . Per alcuni il rumore prodotto da un solenne ceffone richiama quello dei paccheri gustosamente “schiaffeggiati” dalla salsa quando sono rimescolati nella zuppiera, per altri i paccheri , ben conditi e magari pure farciti di ricotta, stordiscono i sensi .
Dopo questa indigestione di pasta lunga, corta e minuta, vorreste aggiungere qualche altro formato di pasta? E quale preferite?