Caro Babbo Natale…

Caro Babbo Natale…

 era il tradizionale incipit della letterina che sin dagli inizi di dicembre  scrivevo con fiducia ad un papà invisibilmente presente, che rassicurava nel  profondo dell’immaginazione e dei sogni dell’infanzia. A un amico fantastico  indirizzavo desideri che si concretizzavano in un ambito  giocattolo, anche se il tanto desiderato “Dolce Forno” non è mai arrivato.  Ogni anno la curiosità e l’attesa facevano un po’ trepidare per ottenere un qualcosa di concreto , perché comunque avevo la certezza di affetti e serenità familiare, poco ostentati  da smancerie, ma consolidati nella fattiva presenza  e operosità di una madre e di un padre, forti nella loro univoca capacità di  orientare.

 In seguito ho trovato altre madri e padri,  in grado di rispondere alle mie perplessità, timori e sogni,  in persone  per me speciali, in pensieri già pensati da altri, in esperienze di vita personale ed altrui. Adesso, a distanza di qualche decennio, a volte ho l’impressione che quei riferimenti di serietà e buoni principi siano un po’ volutamente rimossi in un contesto capace di  accorciare tempi e distanze ma incapace di soffermarsi per trarne respiro, per riconoscerli, affermarli e garantirli senza screditarli come eccezionali o desueti.

 Oggi sento il bisogno di scrivere a te , Babbo immaginario, alter ego che induce a  bilanci periodici, per rinnovare le risorse interiori.  Ti chiedo una sola cosa. Instilla ancora quella fiducia negli altri, in un domani possibile e raggiungibile attraverso un presente conquistato sì , ma non invano, e in quei padri, spesso latitanti, di cui c’è tanto bisogno per i ragazzi di oggi e anche per noi, ragazzi di ieri, che abbiamo avuto la fortuna di averli e di esserne sostenuti.

 La rabbia dei figli rimasti senza padri  di Alessandro  D’Avenia  è una  riflessione che ben interpreta un Natale , che anch’io quest’anno percepisco come rallentato.

“Il padre è il mediatore del futuro, colui che è capace di provocare la nostalgia di futuro di cui ogni giovane ha bisogno per affrontare il presente. Padri sono i padri di famiglia, spesso assenti; padri sono i maestri a scuola e all’università, spesso padrini; padri sono i politici, spesso padroni; padri sono gli uomini delle agenzie educative (dalla chiesa alla tv), spesso patrigni. Padri sono tutti coloro a cui sono affidate le vite di altri, che padri diventano se si pongono al servizio di quella vita che non è loro, ma è loro affidata e di cui dovranno rendere conto alla storia.

Se i padri non servono le vite dei figli, ma le divorano come Cronos, cioè le controllano o ignorano, i figli diventano burattini o orfani. Che futuro ha un burattino? I fili. Un orfano? La fuga. Quando mio padre mi lanciava in aria da bambino, mia madre, impaurita, gli chiedeva di mettermi giù. Lui la rassicurava e continuava. La madre ha il compito di tenere ancorato il figlio alla terra, il padre invece lo lancia verso le stelle, verso l’ignoto, verso la paura di cadere, ma le sue braccia lo aspettano per ricordargli che il futuro è un’incognita, ma si cade tra braccia sicure, e la paura della vertigine si muta in risata. Ma se il padre sparisce, il duro suolo fermerà la caduta dei figli e non resterà che il pianto inconsolabile di un inizio fallito. I ragazzi manifestano perché i padri si manifestino e liberino il futuro e i sogni che contiene.

Ogni ragazzo può sognare perché è sognato. Ogni uomo può sperare perché è atteso. Ho la fortuna di avere un padre: mio padre. Ho avuto la fortuna di avere grandi padri: Mario Franchina, professore di lettere, Padre Pino Puglisi, professore di religione del mio liceo, Paolo Borsellino, vicino di quartiere. Da loro ho ricevuto il futuro e quindi il presente. Abbiamo bisogno di padri che facciano più strada di quanta possiamo farne noi per raggiungerli. Padri tornate, noi non smetteremo di cercarvi e di darci da fare per essere un nuovo inizio.”

Fanno la fantasia volare, nella magica notte di Natale.

Ogni anno, nella notte del 24 dicembre, Comet, Dancer, Dasher, Prancer, Vixen, Donder, Blitzen, Cupid attraversano la cupola stellata. In  italiano i loro nomi corrispondono a Cometa, Ballerina, Fulmine, Donnola, Freccia, Saltarello, Donato, Cupido. Chi sono? Le renne di Babbo Natale che hanno l’onore e l’onere di trainare la slitta carica di doni, come recita la seguente  filastrocca.

 

“Non solo fanno la slitta volare

e in ciel galoppano senza cadere
Ogni renna ha il suo compito speciale
per saper dove i doni portare.

 
Cometa chiede a ciascuna stella
Dov’è questa casa o dov’è quella.
Fulmine guarda di qui e di là
Per sapere se la neve verrà.

 

Donnola segue del vento la scia
schivando le nubi che sbarran la via.
Freccia controlla il tempo scrupoloso
ogni secondo che fugge è prezioso.

 
Ballerina tiene il passo cadenzato
per far che ogni ritardo sia recuperato.
Saltarello deve scalpitare
per dare il segnale di ripartire.

 
Donato è poi la renna postino
porta le lettere d’ogni bambino.
Cupido, quello dal cuore d’oro
sorveglia ogni dono come un tesoro.

 
Quando vedete le renne volare

Babbo Natale sta per arrivare.”

  Qui però ho scovato una leggenda che narra in una versione fantasiosa e suggestiva la storia delle renne di Babbo Natale.

 

Nella notte dei tempi Babbo Natale  vide spuntare tre code d’oro da un mucchio di neve. Rimase sorpreso quando scoprì che c’erano due , e non tre, cuccioli di renna dal manto dorato. Erano renne gemelle e una di esse, Vixen, aveva due code. Mamma renna li aveva salvati dai cacciatori nascondendoli sotto la neve. Pare che Babbo Natale raccolga i loro crini d’oro per regalarli ai più bisognosi. Dixen ( Blitzen?) invece è sempre raffreddata e le gocce, che dal suo naso cadono a terra, magicamente si trasformano in bellissimi fiori.

 Comet attraversa velocissima l’universo, come una stella cometa,  e capta i desideri espressi dai bambini per poi  riferirli a Babbo Natale.

Donder è nata cantando e dall’inizio ha rotto  i timpani ai suoi genitori. Poi ha imparato a modulare la voce per cantare tutte le canzoni del mondo, imitando sia le voci maschili che quelle femminili. Controlla i bambini e li rimprovera quando combinano qualche marachella, imitando la voce dei loro genitori. Si accompagna con la ballerina Dazzle (Dancer) che conosce tutti i ritmi del mondo. Ai bimbi tristi  suggeriscono i movimenti giusti per imparare a danzare e a cantare con allegria.

Cupid ha una macchia rossa a forma di cuore sul petto, che sembra pulsare forte forte quando il vento freddo smuove il pelo. È la renna più tenera e docile, che desidera stare sempre vicino a Babbo Natale. Ha un fiuto incredibile nel trovare in una montagna di letterine quella del bambino più buono per consegnarla prontamente a Babbo Natale.

Prancer è la renna più timida, ma così timida che, per non essere vista, di giorno stava sempre nascosta dentro un albero cavo. E’ stata l’ultima renna ad essere trovata da Babbo Natale che la fece avvicinare dalla dolce Cupid. Prancer rimase stupita che nessuna renna l’avesse derisa per la sua timidezza , ma Babbo Natale le spiegò che nessuno è perfetto e che anche le altre renne avevano qualcosa di speciale. Da quel giorno Prancer lasciò il nascondiglio e tutta rossa in muso si unì in volo alle altre renne.

Dasher è la più coraggiosa del branco. Quando nacque aveva denti da castoro per cui la sua mamma la nutrì con carote perché era difficile allattarla. Dasher rafforzò la dentatura e ancor oggi vola dietro Rudolph per mettere in fuga, a suon di morsi, qualche uccellaccio malintenzionato e  pronto a rubare un sacco pieno di doni.

 Le renne poi divennero nove grazie a Rudolph, la renna dal luminoso naso rosso che a lungo fu oggetto di scherno da parte delle sue compagne. Il giorno precedente la  vigilia di Natale, Babbo Natale era molto preoccupato perché  una fitta nebbia oscurava il cielo e, se persistente, l’indomani avrebbe impedito la consegna dei doni ai bambini di tutto il mondo. Nel vederlo piangere Rudolph si intristì e il suo naso cominciò a brillare ancora di più, con grande imbarazzo della piccola renna. Babbo Natale però iniziò a fare salti di gioia, mentre le altre renne lo guardavano incredule. Quando Babbo Natale comunicò la decisione di affidare a Rudolph il compito di illuminare il cielo e guidare il branco, le renne festeggiarono  e si resero conto che a volte ciò che può sembrare un difetto, in realtà è un pregio.

 La storia di Rudolph fu scritta nel 1939 da Robert May, che lavorava in un grande magazzino di Chicago. Memore di tutte le derisioni subite da ragazzo perché considerato troppo alto e magro, inventò questo racconto che  intenerì tanti e divenne molto popolare. Circa dieci  anni più tardi  Johnny  Marks scrisse la canzone “Rudolph, the Red-nosed Reindeer (la renna col naso rosso)”  che negli anni ’50, grazie alla radio, diffuse ovunque la leggenda di Rudolph. Ancor oggi è cantata  in occasione delle feste di Natale per ricordarci la buffa renna che ha salvato la magia del Natale nella fantasia di grandi e piccini.