Quando si arriva a Pozzuoli è tutto uno sbrilluccichio sul mare, costellato dai profili evanescenti delle isole, abbracciate dallo sguardo fiero del castello di Baia che domina il golfo. Nel porto barche a vela, pescherecci, lance, yacht; ovunque ristoranti con specialità a base di pesce e mitili ai piedi delle antiche case del borgo marinaro, talvolta abbrutite all’interno da verande e antenne paraboliche. Incamminandosi per le stradine si giunge in un’ampia piazza assolata e alzando lo sguardo si scorge il rione Terra, ora in fase di ristrutturazione, che con le sue case seicentesche rosse e ocra sembra un marinaio addormentato sulla prua di un gozzo arenato sulla riva.
Qui, su un’alta rocca di tufo, sorse l’antica Puteoli (Pozzuoli) ad opera di alcuni esuli di Samo che, in fuga dal tiranno Policrate, fondarono verso il 530.a.C la città detta Dicerchia. Più tardi, nel 194 a.C., divenne colonia romana e pian piano un grande centro di scambi commerciali fino alla fine dell’Impero Romano di Occidente del 476 d.C . grazie al suo porto, il primo di Roma fin quando fu costruito quello di Ostia. Ancor oggi negli scavi archeologici di Pozzuoli i templi, le ville, le tabernae, la necropoli, le cisterne, i cardini e i decumani, il teatro e l’anfiteatro della capienza di 40000 persone, testimoniano lo splendore dei tempi antichi.
Gli edifici romani rimasero fino al ‘500, quando il viceré di Napoli Pedro Alvarez de Toledo, diede agevolazioni fiscali ai nobili e al clero se avessero costruito i propri palazzi sull’acropoli del Rione Terra. Così l’antica città romana, distrutta nelle parti alte, formò una sorta di piattaforma sulla quale sorsero i palazzi seicenteschi, che sono stati abitati fino al marzo del 1970 quando la popolazione fu costretta a evacuare a causa di uno sciame bradisismico, oltre che per le pessime condizioni igieniche del rione.
Il terremoto del 1980 provocò ulteriori danni trasformando per anni il rione in una città fantasma che dall’alto dominava Pozzuoli, disabitata in seguito ai trasferimenti della popolazione nel quartiere di Monteruscello e in altre località della provincia di Napoli e Caserta. Pozzuoli perse quindi un po’ le proprie radici. L’identità puteolana ancorata al mare continuò a vivere grazie alle storiche famiglie di pescatori ,pur venendo sempre più soppiantata dalla “cultura” degli stabilimenti industriali, che poi sono stati smantellati.
Da qualche anno è in corso un’intensa opera di riqualificazione del rione: gli edifici del Seicento sono stati per la maggior parte ristrutturati con la speranza che questa città possa rivivere come potenziale risorsa turistica perché Pozzuoli e l’intera e suggestiva area flegrea possono di fatto attrarre turisti interessati alle bellezze naturalistiche oltre che a quelle storico-archeologiche. Oggi è possibile visitare il rione Terra con le guide turistiche il sabato e la domenica, perché nei giorni feriali è un cantiere ove fervono i lavori. C’è vita solo nel palazzo vescovile, abitato dal vescovo di Pozzuoli, nella cappella trecentesca di San Giacomo Apostolo e nella basilica.
Merita molto la cattedrale di san Procolo Martire, patrono di Pozzuoli, che ingloba un tempio del II secolo d. C. dedicato a Ottaviano Augusto, costruito su uno precedente in tufo dedicato alla triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva). Questo fu utilizzato come chiesa cristiana senza stravolgimenti fino al 1630 quando il vescovo di Pozzuoli , monsignor Martin de Léon y Càrdenas, decise di costruire un’imponente cattedrale barocca demolendo parte del tempio, e abbellendolo con affreschi degli artisti dell’epoca tra cui Artemisia Gentileschi e Massimo Stanzione. Dopo 50 anni di chiusura lal pubblico, ha riaperto nel 2014 grazie a un restauro durato dieci anni che ha fatto coesistere il colonnato romano e l’arte rinascimentale-barocca.
Quando si varca il portale del Palazzo Fraja- Frangipane, il tempo si ferma e inizia un percorso archeologico suggestivo attraverso la Puteoli sotterranea del 194 a. C. Con l’ausilio multimediale è possibile rivivere nella città romana, scoprire il fermento del porto in età augustea e gli usi e i costumi del tempo, entrare nelle tabernae e nel forno, calpestare l’antico decumano per esplorare la città romana nel ventre del Rione Terra del Seicento.
Un rione che la natura fece evacuare a forza ma rimasto sempre caro ai suoi abitanti come la veduta paradisiaca su Nisida e Capri da una parte e capo Miseno dall’altra, i quali hanno tramandato di padre in figlio le semplici storie del mare, le vite degli indimenticabili personaggi del paese, le saghe familiari, le tradizioni, la povertà, la fatica, la devozione, il fatalismo e il senso di appartenenza. Tanti , tanti puteolani oggi visitano il rione Terra per ritrovare la casa dei nonni e i luoghi dell’infanzia , descritti e narrati a voce con gli aneddoti di famiglia e i ricordi di altri tempi.
“Puteolani, siamo tutti puteolani. Anche se oggi viviamo a Roma…Certo che lo ricordo l’odore del rione. Era salmastro, intenso che pungeva le narici. Era odore di mare. Non saprei dirle se quello potesse essere definito proprio del Rione Terra. L’odore salmastro era naturalmente nelle narici di chi abitava qui”…… “Lo sa che abitavo qui al Rione Terra? Inizia a raccontare, guardandomi “ casa mia era a via Arco S. Janni, nei pressi della chiesa di san Liborio, dove la terrazza si ferma incantata a guardare Capo Miseno e la Darsena non si vede ancora….L’odore dei vicoli del Rione? Ricordo che dove abitavo c’era un signore che vendeva il vino, lo chiamavano Angelo ‘o cantiniere. Sotto ai suoi cellai, ci andavamo a riparare durante i bombardamenti della guerra. Ero bambino. C’era un forte odore di vino. Eravamo ubriachi quando tornavamo a casa.”
Aveva ragione Schopenhauer a dire che “il ricordo agisce come la lente convergente nella camera oscura: concentra tutto, e l’immagine che ne risulta è assai più bella dell’originale”.
Di ciò che di bello e brutto è stato, non si deve perdere memoria. Deve divenire impulso al nuovo e radice. Identità” ( da Storie dal Rione Terra di Gemma Russo)
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