Sacro e profano, fede e superstizione, realtà ed immaginazione, costante celebrazione di vita e di morte sono ingredienti ben amalgamati nel presepe napoletano che si apprezza non solo per la raffinata manifattura, ma anche se si comprende la valenza simbolica dei suoi elementi e dei suoi personaggi.
La grotta ,simbolo del grembo materno, offre riparo al Bambino, ai pastori e agli animali e segna il confine tra la nuova luce e le tenebre . Le ripide montagne e le salite rendono arduo il cammino per raggiungere il Salvatore, come difficile è la redenzione dal male. L’anacronistico castello, non a caso posto in alto e difeso da un soldato romano rappresenta il potere e richiama la strage degli Innocenti, mentre la chiesa e le edicole votive esprimono la religiosità collettiva.
Benino dormiente è colui che s’incammina verso la verità e la sua capanna rappresenta una vita semplice e precaria . Il pastore adorante è arrivato alla fine del percorso e può finalmente contemplare il divino. L’acqua dei ruscelli, dei laghetti, delle fontane e dei pozzi simboleggia sia la vita che la morte, rigenera e purifica (acquaiolo e lavandaia ),ma può anche distruggere e rapire come quella della fontana e del pozzo che collegano col misterioso ed insidioso mondo sotterraneo degli Inferi (Maria Manilonga), mentre il ponte su corsi d’acqua o tra i monti agevola il passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti.
La taverna è un luogo di “perdizione”, ove regnano i vizi di gola, lussuria, gioco ed ubriachezza; a volte vi compaiono anche un monaco ubriaco, che rappresenta la corruzione temporale della chiesa, e i giocatori di carte, detti Zì Vicienzo e Zì Pascale che hanno poteri divinatori. La varietà di prodotti alimentari e ortofrutticoli, in bella mostra nelle botteghe o sui carretti, sono l’ abbondanza e la ricchezza della natura che può appagare l’atavica fame e la miseria del popolo spesso rappresentate da Pulcinella o dal mangiatore di maccaroni.
Gli alberi simboleggiano conoscenza, sapienza e crescita, il fuoco è energia vitale, il mulino e la vecchia che fila la lana scandiscono il tempo che passa, la macina simboleggia morte e purezza. Anticamente nel presepe, soprattutto sulle montagne, era presente anche un diavolo , poi soppiantato dal macellaio, dall’oste e dal barbiere che rievocano simbolicamente il male e il sangue. I numerosi mendicanti, spesso deformi (guercio, zoppo, storpio, la contadina col gozzo, la vedova rapata) rappresentano le anime purganti o pezzentelle che invocano preghiere di suffragio sulla terra.
La zingara preannuncia profezie non sempre serene, Ciccibacco ‘ncopp’a votte (Cicci Bacco sulla botte), su un carro simboleggia Dioniso, accompagnato da pastori e caprai, è l’umanità gaudente e festosa, la vecchia che dà mangime alle galline è il simbolo di Demetra che nutre Kore, Core cuntento ‘a loggia (Cuor contento sulla loggia) è l’allegria, la donna col bambino, cioè Stefania, rappresenta la maternità.
Gli animali hanno molti significati: il cane rappresenta la fedeltà e la promiscuità, la gallina indica fertilità, le pecore invece la morte, il maiale sia la lussuria che la parsimonia, i pappagalli, le scimmie e gli elefanti sono il gusto per l’esotico.
Vita e morte sono complementari nel presepe napoletano, scrigno prezioso non solo di storia, fede e tradizioni, ma anche di un’ intramontabile filosofia della vita.
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