Dal 23 ottobre il Museo dell’Ara Pacis a Roma ospita la mostra “Gemme dell’Impressionismo. Dipinti della National Gallery of Art di Washington”, che per la prima volta hanno lasciato l’America.
Alla fine degli anni ’20 il magnate Andrew W. Mellon iniziò quella che sarebbe diventata una delle più importanti collezioni d’arte del mondo e nel 1936 scrisse al presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt con l’intenzione di offrirla allo stato americano. Dopo la sua morte, nel 1937, i figli Paul e Ailsa, amanti del bello, della poesia e dell’arte, continuarono a coltivare la passione paterna e ad ampliare la collezione Mellon che si arricchì sempre più anche grazie a donazioni private. Nel 1941 fu inaugurata la National Gallery of Art di Washington con parte della vasta collezione perché solo nel 1978 i fratelli Mellon donarono i capolavori dei grandi impressionisti e post impressionisti, quali Manet, Monet, Degas, Renoir, Pissarro, Toulose –Lautrec, Sisley, Cèzanne,Gauguin,Van Gogh,Seurat, Bonnard che fino ad allora avevano custodito nelle proprie abitazioni private.
La mostra “Gemme dell’Impressionismo” vanta 68 opere, a partire da Boudin(1824-1898), maestro di Monet, fino ai post impressionisti Bonnard (1867-1947) e Vuillard (1868-1940), esposte secondo aree tematiche che vanno dal paesaggio al ritratto , dalle figure femminili alle natura morta, fino alla rappresentazione della vita moderna. Un importante evento che rivela il gusto raffinato dei Mellon e regala al pubblico dipinti di unica e straordinaria bellezza.
Si parte dai precursori del movimento artistico, cioè da Boudin e dai suoi inconfondibili paesaggi e spiagge bretoni, in particolare di Trouville e Deauville.
Nei dipinti en plein Air, realizzati cioè all’aperto, l’impressionista coglie la luce del momento che cambia con la prospettiva, la naturalezza dei colori, i cambiamenti atmosferici così ben resi e capaci di trasformare lo stesso paesaggio in ore diverse. Non a caso Sisley era solito dire “ il cielo è la prima cosa che dipingo”.
Tra questi spicca “Il campo di tulipani” di Van Gogh (1883) che al fratello Theo scrisse “ ultimamente, mentre dipingevo, ho sentito una certa potenza coloristica che si andava risvegliando in me, più forte e più di quella sentita fino ad ora. Può darsi che il mio nervosismo di questi giorni sia dovuto a una sorta di rivoluzione del mio metodo di lavoro, di cui sono andato alla ricerca e a cui stavo già pensando da molto tempo”.
Ben rappresentata la nuova resa pittorica dei paesaggi rurali nelle opere di Camille Pissarro per il quale sono “Beati coloro che vedono il bello in posti semplici e umili dove gli altri non vedono nulla” e di Johan Barthold Jongkind di cui Claude Monet scrisse “ e a lui devo la definitiva educazione dei miei occhi” (a destra l’Alzaia).
L’opera “Cogliendo fiori” di Renoir illustra la locandina della mostra in quanto ben rappresentativa dell’impressionismo francese .
Nei “villaggi sul mare in Bretagna” di Odilon Redon emerge l’iniziale credo artistico dell’artista che con linee e colori vuole rappresentare non tanto l’aspetto esteriore degli oggetti, quanto le forze psichiche che ne costituiscono l’anima. Questo paesaggio di sicuro la trasmette.
Nello studio per la famosa “Grande Jatte” di Seurat è ben evidente la nuova tecnica pittorica ove “se si considera un decimetro quadrato ricoperto di un tono di colore uniforme, su ogni centimetro quadrato di tale superficie, in un vorticoso movimento di macchioline, si trovano tutti gli elementi costitutivi delle tonalità”.
Tra i ritratti di “George Moore nel giardino”, ad opera di Manet, e di “Claude Monet” ,ad opera di Renoir, e negli autoritratti di Edgar Degas, Henry Fantini Latour, Edouard Vuillard e Paul Gauguin esplode l’innovazione dell’impressionismo che ritrae non più per celebrare il personaggio ma per coglierne l’essenza e attraverso l’acutezza dello sguardo ne fa captare il carattere. Nel 1860, a riguardo della ritrattistica, Baudelaire disse “una bella testa di uomo conterrà qualcosa di ardente e di triste- dei bisogni spirituali, delle ambizioni tenebrosamente represse- l’idea di una potenza …”, come si può notare nell’autoritratto di Degas.
Il ritratto è un diffuso tema pittorico, interpretato però in modo nuovo perché privilegia l’uomo moderno con il suo abito e le sue consuetudini sociali, osservato in casa o per strada. Lo stesso Monet ritrae la moglie per evidenziare una figura parigina dell’epoca.
Ben presto Parigi diviene capitale delle Arti, soprattutto grazie a grandi esposizioni d’arte dette Salons e organizzate sin dal ‘700 consentendo al pubblico di conoscere gli artisti emergenti.
Purtroppo però essi sono controllati dalle istituzioni accademiche per cui vengono escluse circa 4000 opere di artisti , poi riconosciuti grandi esponenti dell’impressionismo. Così proprio un grande escluso, Gustave Courbet, nel 1855 crea il suo padiglione del “realismo”, e nel 1863 il gruppo degli impressionisti dà vita al Salon dés refusès (dei rifiutati) per fare conoscere il nuovo modo di dipingere e concepire l’arte. Nonostante ciò, proprio Cèzanne, che guarda ai vecchi canoni artistici per aprirsi a insolite sperimentazioni pittoriche , spesso e a lungo ne resta escluso.
La sezione “Donne, amiche, modelle” si apre con “La sorella dell’artista alla finestra” , famoso dipinto di Berthe Morisot, amica di Manet di cui forse fu innamorata anche se finì con lo sposare suo fratello Eugène. Esclusa dall’École des Beaux-Arts, faticò non poco a inserirsi nel fermento artistico dell’epoca, ma il suo talento alla fine travalicò i confini imposti dal mondo maschile dei pittori. A suo dire “ i veri pittori capiscono con il pennello in mano” nel momento in cui si trovano a trasmettere la loro percezione, impressione del visibile.
L’universo femminile, protagonista della vita moderna, è un tema privilegiato dagli impressionisti. Le figure femminili dell’epoca osservate quasi di sottecchi in casa e nei giardini, così come nelle sale da ballo e nei caffè, non sono più personaggi mitici o letterari. La donna moderna non rispecchia più gli schemi idealizzanti del passato: le raffinate signore della borghesia o le donne di ambienti più modesti sono colte nei comuni rituali quotidiani, nel risveglio, dinanzi alla toilette, durante la vestizione, prima dell’entrata in scena sul palcoscenico di un teatro o della vita domestica.
“La donna è senza dubbio una luce, uno sguardo, un invito alla felicità, e talvolta il suono di una parola, ma soprattutto un’armonia generale, non solo nel gesto e nel movimento delle membra, ma anche nelle mussole, nei veli, negli ampi e cangianti nembi di stoffa per cui si avvolge, e che sono come gli attributi e il fondamento della sua divinità.(Charles Baudelaire in “La peintre de la vie moderne”,1863)
Chi non riconosce le ballerine di Degas, la giovane donna che si pettina e Madame Henriot di Renoir oppure Carmen Gaudin , la modella che Toulouse Lautrec scelse per la folta e spettinata capigliatura ramata? Donne reali, che vivono accanto e si possono incontrare ovunque.
Con l’Impressionismo anche la natura morta si rinnova , si abbandona la cura del particolare per cedere a una visione d’insieme resa con semplici, ma non casuali, disposizioni di oggetti e pennellate di luce che giocano sulle tonalità del colore, come si può vedere nella “Natura morta con ostriche,1862” di Édouard Manet, nella splendida “Natura morta con uva e garofano, 1880” di Henry Fantin- Latour e nella famosa “Brocca e frutta” di Paul Cézanne. Cambia la composizione, l’elemento portante spesso non è centrale, ma luce e colore lo evidenziano, a volte scomponendo volumi.
L’eredità dell’Impressionismo passa a Pierre Bonnard e Édouard Vuillard, artisti che segnano il passaggio verso il simbolismo, rivelando gusto per l’ornamento e l’uso irrealistico del colore.
La prospettiva piatta, tipica delle stampe giapponesi, come la frammentazione della visione in scene quotidiane con insoliti tagli visivi caratterizzano la loro produzione artistica. Il soggetto non è al centro della tela, anzi a volte è visibile solo in parte, come in “La scatola dei colori dell’artista e rose” (1892) e la “Bambina con la sciarpa rossa” di Vuillard (1891).
Di Bonnard si notino “ Due cani in una strada deserta” del 1894 e la “Tavola apparecchiata in giardino”(1908) ove si rispecchiano la sua concezione dell’arte pittorica in quanto “ non si tratta di dipingere la vita, ma di rendere vivente la pittura”.
A distanza di tempo sono sicuramente viventi-anzi immortali- queste preziose gemme dell’Impressionismo.
Immagini dal web
Gemme dell’Impressionismo.
Dipinti della National Gallery of Art di Washington. Da Monet a Renoir da van Gogh a Bonnard
Museo dell’Ara Pacis
Lungotevere in Augusta, Roma
23 ottobre 2013 – 23 febbraio 2014