L’acquazzone-Corrado Govoni

L’acquazzone

Di nubi grigie a un tratto il ciel fu sporco;

e il tuono brontolò con voce d’orco.

Si cacciò avanti, lungo lo stradone,
carta foglie ed uccelli. il polverone.
Si udirono richiami disperati, 
tonfi d’imposte e d’usci sbatacchiati.
Si videro donne lottare in un prato
con gli angeli impauriti del bucato.
Poi seminò la pioggia a piene mani
tetti e vie di danzanti tulipani;
tagliò il paesaggio, illividì ogni cosa 
in un polverio d’acqua luminosa.

Quando si stava inebetiti e fissi
come sull’orlo d’infuocati abissi
dove il mondo pareva andar sommerso:
il cielo sulle case era già terso,
e nei vetri appannati del tinello
risorrise il paese ad acquarello:
sulla campagna dolcemente crespa
ronzò la chiesa d’oro come vespa.

Non rimaneva dell’orrendo schianto
che il gocciare di musicale pianto
della gronda, già buono già tranquillo:
lo raccolse morente il bruno grillo.
Coi tamburini gracili di pelle
le rane lo portarono alle stelle.

Corrado Govoni