Roma, 16 ottobre 1943

Pare che ogni terra, ogni popolo abbia paura di ospitare l’innominabile nell’eterno  riposo.

Non saprei se provochi più sdegno il massacro di  tante persone inermi alle Fosse Ardeatine o il fatto che egli non abbia mai mostrato un minimo segno di pentimento o  di pietà per le vittime, e abbia sempre  ostentato arroganza e superbia.

Roma non dimentica. Anch’io non dimentico quel 16 ottobre 1943.Queste targhe parlano da sé, come le pietre d’inciampo che si trovano  nella capitale, non solo nel ghetto ebraico, ma ovunque ci siano state vittime della violenza nazifascista, anche dinanzi ad alcune  caserme dei carabinieri  come quella di Via Giulio Cesare  ove ce ne sono 12. Il 7 ottobre duemila carabinieri italiani furono deportati da Roma nei campi di prigionia per tante ragioni, perché aiutarono i disertori o altre persone o perché ritenuti inaffidabili, in fondo l’8 settembre  giovanissimi allievi carabinieri andarono a combattere sul Ponte della Magliana e morirono  per difendere  Roma.

targa ghetto ebraico roma

 

“La mattina di sabato 16 ottobre 1943 le SS irruppero nel ghetto di Roma e deportarono circa 1040 persone ad Auschwitz. Ne tornarono solo 17. Su 288 bambini e ragazzi da 0 a 15 anni, ne sopravvisse solo uno, Enzo Camerino nato nel 1928. Tra 288 giovanissimi c’erano 10 ragazzi di quindici anni, 15 di quattordici, 19 di tredici, 17 di dodici,16 di undici, 17 di dieci,10 di nove,16 di otto anni e 16 di sette,23 di sei,21 di cinque,24 di quattro,23 di tre,25 di due anni e 13 di un anno. Con loro muoiono 2 bimbi di 10 mesi, uno di 9, due di 8,due di 7,5 di sei, 2 di  cinque mesi, due di 4, tre di tre mesi, uno di 15 giorni e un neonato venuto alla luce poche ore dopo l’arresto della madre. Si aggiungano un bimbo e una bimba dei quali non si conosce l’età.

targa casa settimio calò

 

Di mattina presto un merciaio ambulante, Settimio Calò di 44 anni, abitante nel Portico d’Ottavia n 19 uscì da casa per fare la coda in una tabaccheria. Al ritorno trovò la casa vuota: i tedeschi avevano portato via la moglie, Clelia Frascati di 43 anni, e i 10 figli: Bellina di 22 anni, Esterina di 20, Rosa di 18, Ines di 16, Raimondo di 14, David di 13, Elena di 11, Angelo di 8, Nella di 6, Lello Samuele di circa 6 mesi. Con loro anche il cuginetto Settimio di 12 anni che quella notte per caso era stato ospitato dai Calò. Morirono tutti nelle camere a gas appena arrivati ad Auschwitz il 23 ottobre 1943. (informazioni  tratte da “Il futuro spezzato- i nazisti contro i bambini”, di Lidia Beccaria Rolfi e Bruno Maida. Libro dedicato alla piccola Sissel Vogelmann e a tutti i bambini assassinati.)

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La Resistenza a Roma e l’eccidio del Ponte dell’Industria

Un memorabile 25 aprile a Roma. Un grande corteo è poi partito dall’ Arco di Costantino  per confluire a Porta San Paolo. Tanti giovani e meno giovani  per festeggiare  e ricordare la Resistenza italiana che esordì proprio  a Roma, quando il 10 settembre 1943 militari e civili italiani si opposero all’ occupazione tedesca della capitale, iniziata dopo l’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre e della ritirata del re Vittorio Emanuele III e di Badoglio che il 9 settembre avevano abbandonato gli italiani e lasciato l’esercito  allo sbando.

Sin dalla notte dell’8 settembre avvennero combattimenti alla periferia della città ma  i militari italiani furono costretti a ritirarsi. La mattina del 10 una parte di questi confluì a Porta San Paolo dove si erano radunati  i civili giunti spontaneamente od organizzati dai partiti antifascisti. Qui iniziò la battaglia contro le truppe tedesche, numericamente molto più forti, e s’innalzarono barricate rovesciando le vetture dei tram. 

Qui morirono circa 400 civili, tra cui 43 donne, e anche carabinieri e militari italiani. Tra questi l’operaio diciottenne Maurizio Cecati ,colpito a morte mentre incitava i suoi compagni alla lotta; il fruttivendolo Ricciotti, accorso dai mercati generali; il professore di  storia dell’arte del liceo classico “Visconti”, Raffaele Persichetti,  prima medaglia d’oro della Resistenza. Uomini, donne e ragazzi  combatterono  con i superstiti dei “Granatieri di Sardegna”, i Lancieri del battaglione “Genova Cavalleria” e alcuni reparti della divisione “Sassari”. Il generale Giacomo Carboni, comandante del Corpo d’armata motocorazzato, mandò i carabinieri a staccare i manifesti disfattisti, che annunciavano trattative con i tedeschi, e diffuse  la notizia dello sbarco degli alleati ad Ostia e dell’arrivo delle divisioni “Ariete “ e “Piave” a Roma. La gente accorse e seguì i rappresentanti dei partiti antifascisti, tra i quali combatterono Luigi Longo, Ugo La Malfa, Sandro Pertini e Bruno Buozzi. I mezzi corazzati tedeschi  segnarono poi la fine della drammatica ed eroica battaglia della Porta San Paolo. A Porta San Paolo, presso la piramide Cestia, nel  quartiere Ostiense è nata la Resistenza italiana.

Tornando a casa a piedi ho attraversato  il Ponte dell’Industria che ricorda altre tristi vicende della nostra storia.

Il 26 marzo 1944 il generale Kurt Maeltzer, comandante  della città di Roma , emise  un’ordinanza con la quale si riduceva da 150 a soli 100 grammi la razione quotidiana di pane per i civili. Così in alcuni quartieri, quali Ostiense, Portuense e Garbatella,  le donne protestarono davanti ai forni, soprattutto quelli che si credeva producessero pane bianco per le truppe di occupazione.

La gente affamata iniziò a ribellarsi: il 1° aprile fu assalito il forno Tosti, nel quartiere Appio, il 6 aprile invece fu bloccato e depredato a Borgo Pio un camion che doveva consegnare il pane alla caserma della Guardia Nazionale Repubblicana.  Il 7 aprile 1944, un venerdì di Pasqua,  sul Ponte  dell’Industria, detto anche “Ponte di ferro” nel quartiere Ostiense, truppe nazifasciste bloccarono dieci donne ,sorprese con pane e farina, e per rappresaglia contro gli assalti ai forni le fucilarono. Le vittime erano Clorinda Falsetti, Italia Ferracci, Esperia Pellegrini, Elvira Ferrante, Eulalia Fiorentino, Elettra Maria Giardini, Concetta Piazza, Assunta Maria Izzi, Arialda Pistolesi, Silvia Loggreolo.  Secondo alcune testimonianze, una delle dieci donne sarebbe stata condotta sotto il ponte e stuprata dai soldati tedeschi e da repubblichini fascisti, prima di essere assassinata con un colpo di pistola alla testa. Oggi una lapide, all’estremità del ponte, ricorda  il triste eccidio del Ponte dell’Industria .

Il 3 maggio 1944 Caterina Martinelli ,come altre donne esasperate dalla fame dopo un inverno di stenti, partecipò all’assalto di un forno nella borgata Tiburtino III. Mentre tornava a casa dai suoi sei figli, con una neonata in braccio e una pagnotta stretta al petto, fu assassinata in strada dai militari della PAI (Polizia Africa Italiana)con una raffica di mitra. La donna cadde sulla figlia, che si salvò ma ebbe la spina dorsale lesionata. Per attenuare il furor di popolo contro i restrittivi provvedimenti e le repressioni, le autorità nazifasciste decisero quindi alcune distribuzioni straordinarie di generi alimentari di prima necessità. Anche Radio Londra elogiò l’operato delle donne romane.

 È doveroso ricordare coloro che hanno reso possibile la liberazione dell’Italia e la nascita della Repubblica democratica.
W il 25 aprile!