La notte di San Giovanni

notte_san_giovanni

 

La notte di San Giovanni  è nota per gli antichi riti propiziatori di inizio stagione che si svolgevano  in occasione del solstizio d’estate al quale veniva attribuiva il connubio di sole e luna e il conseguente riversamento sulla terra di grandi energie benefiche. Nella stessa  notte  però  le streghe (in napoletano dette anche janare da ianua- porta-  perché passavano invisibilmente sotto le porte oppure da Diana) confluivano a Benevento  da ogni parte per il grande Sabba. Le forze del bene e del male festeggiavano rispettivamente la  luce e l’ ombra  del ciclo della vita,  intersecandosi in antiche credenze popolari e tradizioni della civiltà contadina.

 La  rugiada di questa magica notte difendeva la persona da ogni male e corruzione e le  erbe bagnate dalla rugiada potenziavano le loro proprietà terapeutiche e magiche. Infatti veniva  preparata l’acqua di San Giovanni utilizzando  foglie e fiori di lavanda, iperico mentuccia, ruta e rosmarino che, messi  in un catino pieno d’acqua, erano lasciati all’aperto per tutta la notte. Il giorno dopo le  donne si lavavano con quest’acqua per diventare più belle e preservarsi dalle malattie. Oltre all’acqua si ricorreva  al fuoco, accendendo falò propiziatori e purificatori, per ingraziarsi la benevolenza del sole affinchè rallentasse idealmente  la discesa e continuasse ad irrorare la terra con la sua energia o per allontanare malasorte, avversità, malefici di spiriti maligni e streghe vaganti in cerca di erbe ( spesso si bruciava  un fantoccio di paglia o si facevano  rotolare ruote di fascine lungo i pendii). Nella mattina del 24 giugno i contadini, che possedevano  alberi di noce, intrecciavano spighe di orzo e avena da legare ai tronchi degli alberi per poter garantirsi frutti buoni e  abbondanti. Invece   24 spighe di grano, conservate per tutto l’anno, fungevano   da amuleto contro le avversità.

 Tutt’oggi a San Giovanni si prepara il nocino con noci,  racchiuse nel mallo verde, messe a macerare nell’alcool per circa un mese e mezzo. Poi si strizzano i frutti, si cambia e si zucchera l’alcool, che viene travasato in bottiglioni esposti all’aperto, dopo essere stato filtrato più volte con garze sottili. 

 In  questa notte si svolgevano  anche forme di divinazione. Per esempio dall’albume d’uovo, coperto d’acqua ed esposto alla rugiada della notte, si traevano auspici sul futuro, anche sentimentale, o dalla forma che assumeva il  piombo fuso e versato nell’acqua, si facevano  previsioni  sul mestiere del futuro marito. E altri riti praticati nella “notte che  parla d’Amore”sono splendidamente descritti dalla Placida Signora del web.

 Una curiosità: a San Giovanni molti mangiano le lumache, per preservarsi  dalla sfortuna e eventuali tradimenti amorosi. La lumaca è considerata un simbolo lunare  di rigenerazione periodica, rappresentata dalle  sue antenne  che si distendono e si ritirano come la luna che appare e scompare nel suo ciclo.

 Ma preferisco ricordare la notte di San Giovanni con  i versi  tratti da Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare

 La tua virtù è la mia sicurezza. 

E allora non è notte se ti guardo in volto,
e perciò non mi par di andar nel buio,
e nel bosco non manco compagnia.
Perchè per me tu sei l’intero mondo.
E come posso dire di esser sola se tutto il mondo è qui che mi contempla?

 

Intanto auguri a tutti i Giovanni e Giovanne e attenzione alle streghe!  😉

Articoli correlati:

Il nocillo (nocino)

Le erbe di San Giovanni: l’iperico

Il nocillo (nocino)

nocillo-di-campaniaSin dall’antichità in Campania si producevano noci, come risulta documentato da resti carbonizzati di noce, ritrovati nella Casa di Argo ad Ercolano, e dai dipinti della Villa dei Misteri a Pompei . Esse sono un prodotto tipico di Sorrento: a tutt’oggi in molti giardini o aranceti spicca un maestoso noce, oltre a una pianta di alloro. In passato si credeva che tagliarlo portasse male, sia perchè i frutti erano considerati una  riserva alimentare preziosa per l’inverno, sia perchè l’albero assumeva un significato propiziatorio (la noce è simbolo di fecondità) o inerente l’ occulto in quanto sui suoi rami si appollaiavano le streghe.

 Ancor oggi nella penisola sorrentina è diffusa l’usanza di preparare il nocino in casa nella notte di San Giovanni (24 giugno) o a fine giugno, quando le noci sono ancora tenere, acerbe, poco legnose e quindi aromatizzano l’ alcool. Questo liquore, dal sapore intenso e corposo, può essere centellinato a fine pasto come digestivo oppure se ne può versare qualche goccia fredda anche sul gelato alla crema o alla panna.

 

 Ingredienti:

  •  1 litro di alcool

  • 13 noci verdi col mallo

  • 13 chicchi di caffè tostato

  • 13 chicchi di caffè crudo

  • un bastoncino di cannella

  • 3-4 chiodi di garofano

  • una noce moscata

Pulire bene le noci col mallo e tagliarle in quarti. Schiacciare un po’ la noce moscata , servendosi di un martello, se necessario . Mettere tutti gli ingredienti in un barattolo di vetro, con una larga apertura, e chiudere bene con un coperchio. Lasciarlo all’ aperto per 40 giorni e 40 notti, agitandolo un po’ di tanto in tanto. Si possono trovare varianti sulla conservazione del nocino. Alcuni dicono che debba macerare al buio. Per altri il nocino deve essere esposto all’ aperto per catturare i raggi del sole di giorno e il chiarore  lunare di notte, come diceva mia nonna.

Al termine dei 40 giorni filtrare più volte con garze sottili di lino finchè non ci sono più residui degli ingredienti. In alternativa al lino si può utilizzare un colino con il fondo a retina sottile, o foderato con un po’ di carta assorbente da cucina.

 

 Ingredienti per lo  sciroppo

  • mezzo litro di acqua

  • 300g di zucchero

  • buccia sottile di un limone verde

 Per addolcire e diluire il nocino, preparare lo sciroppo con mezzo litro di acqua , 300 grammi di zucchero e la buccia sottile di un limone verde. Versare gli ingredienti in un pentolino sul fuoco, mescolare per fare sciogliere lo zucchero nell’acqua e spegnere non appena inizia a bollire. Aggiungere lo sciroppo freddo al nocino. Imbottigliare e lasciar riposare per altri 40 giorni prima di gustarlo.