E voilà è arrivato settembre con quell’inconfondibile luce che rende più brillante il verde e trasparenti le acque e nella prima fresca aria notturna è arrivata a buon fine la terza edizione del Carnevale della Letteratura avente come tema la Notte.
La notte, che da sempre incanta, affascina, appassiona e spaventa. Nel silenzio della notte sembrano emergere in maniera accentuata, più sentita e vissuta, l’anima razionale ed irrazionale dell’uomo, a volte assorto e concentrato nei propri pensieri, a volte libero di rincorrere sogni e passioni. La buia notte distoglie dal superfluo, induce a scrutare e a esplorare sentieri invisibili, a volte imperscrutabili, e nella sua silenziosa presenza ascolta, custodisce, ispira, guida, rivela indistintamente a tutti ad ogni età e nelle varie fasi della vita.
Tutti i partecipanti a questo Carnevale ci regalano frammenti delle loro notti, a volte tenere e nostalgiche, a volte briose e frizzanti, affascinanti e consolatorie, magiche e misteriose…
Io e Skip vi accompagniamo in punta di piedi nelle tante notti svelate dai nostri amici che vogliamo ringraziare per avere reso così varia e luminosa questa iniziativa.
Carnevale della Letteratura –terza Edizione
“Non si può toccare l’alba se non si sono percorsi i sentieri della notte.”
(Kahlil Gibran)
Iniziamo con Marisa Bergamasco, che dall’Argentina cura il blog Cocina y Letras ove riesce abilmente a fondere letteratura e arte culinaria, mescolando la nostalgia per l’Italia con i sapori della buona cucina. Ci propone “La notte e le donne più belle d’Italia”, un racconto originale e spontaneo come gli affetti più cari associati a notti diverse che, nella loro luce e vicinanza, riescono ad annullare ogni distanza di spazio e di tempo.
“Pochi anni fa, quando telefonavo a mia madre da uno dei tanti posti in cui mi sono trasferita, le chiedevo che guardasse di notte “le tre Marie” (le tre stelle della cintura di Orione, quelle che nel mondo boreale vengono chiamate “I tre re”). A casa di mia madre se ne trovano sopra il serbatoio dell’acqua potabile che a sua volta si trova sopra il tetto della sua camera. Io le cercavo ovunque ci sia stato il mio cielo, e a quel punto, pensare l’una all’altra era il nostro modo casereccio per esorcizzare la lontananza.”
Un mix poetico, delicatamente genuino come la sorpresa finale, molto gradita da Skip e ancor più da me. 😉
“La notte illuminata dal chiaro di luna è una delle ambientazioni più comuni e suggestive che si possono ritrovare in ambito sia letterario che musicale” è l’incipit del post “Il chiaro di luna tra musica e letteratura” del giovane Leonardo Petrillo, esperto di musica e scienze, che sul Tamburo Riparato ci delizia con un’ armonia di composizioni musicali e letterarie.
“Sempre nell’atto V, Shakespeare immette un’emblematica riflessione relativamente alla musica: L’uomo, nel cui cuore la musica è senza eco, o l’uomo, che non si commuove ad un bell’ accordo di suoni, è capace di tutto: di tradire, di ferire, di rubare e i moti del suo spirito sono foschi quanto la notte e le sue passioni nere quanto l’inferno. Non ti fidar di lui, ascolta la musica.”
E noi accogliamo volentieri l’invito leggendo e ascoltando il post di Leonardo, magari durante una notte romantica, e il futurista Marinetti ci scuserà se non abbiamo ancora ucciso il chiaro di luna 😉
E ora destiamoci e spalanchiamo bene gli occhi, lasciandoci guidare dall’eclettica Annarita Ruberto, la professoressa del web, esperta di matematica, fisica, scienze e astronomia di cui scrive su Scientificando e Matem@ticamente, oltre che pubblicista di articoli scientifici sulla rivista “Scuola & Didattica”. Questa volta sul blog Web 2.0 and Something ci offre due componimenti poetici.
Immersa nella volta celeste contempla la Notte che
“Pietosa signora
doni ali a pensieri.
Offri asilo ai desideri
Che vagano stranieri”
Una notte che, inquieta, ispira e nutre talenti.
Annarita però non può non subire il fascino degli astri e lo traduce in versi in “ Le stelle” che rischiarano le strade del cielo, dell’uomo e delle varie civiltà e da sempre racchiudono nella loro magica polvere il mistero dell’universo.
“Quella notte” , lettori, che notte! Una notte tutta da scoprire su Il Gloglottatore , che lascia ampio spazio all’immaginazione e alla libera interpretazione. Bernardo R., l’autore, è anche uno degli ideatori del Carnevale della Letteratura e gloglotta convinto che il mondo umanistico può amalgamarsi con quello scientifico o di altre arti e campi dell’ingegno umano. Infatti ci ha contagiati e convinti, speriamo di esserlo sempre in più. Qui trovate i temi delle varie edizioni del Carnevale.
Seguiamo adesso Margherita Spanedda che cura i blog Un po’ di chimica e Il gatto a righe. Nelle “Stelle” racconta una di quelle notti pungenti che riescono a parlare all’anima tra presente e passato, tra le luci e le ombre della vita di Maria. “…le ombre dei suoi pensieri, dei suoi desideri, diventate improvvisamente solide , palpabili” riemergono da uno spazio vissuto e divenuto troppo stretto e respirano in quello della memoria e nell’ infinito universo ove ricongiungersi alla luce di quelle stelle che attraversano la nostra vita come comete…
Altro contributo di Margherita è il post “La Dea” che nel suo splendore affascina gli uomini sin dalla notte dei tempi, incanta regalando un senso di infantile stupore a una nostra lontana progenitrice che non può ancora intuirne i misteri nel ritmo del tempo e nella ciclicità della natura.
“La luna spuntando dietro la cresta dei Ronchi, fece la sua comparsa nel cielo stellato e limpido e si mise all’opera per completare l’impresa iniziata dall’acqua. Con la sua straordinaria forza di gravità capace di alzare e abbassare le acque dei mari e degli oceani, come una misteriosa alchimia, mescolò le molecole dell’acqua con le vitamine della cornola dando così origine a una nuova forma di vita sconosciuta sulla terra.” Chi nacque? Il Sanguanello, un folletto dispettoso e burlone che è ricomparso dalle leggende delle valli dell’Altopiano di Asiago nei racconti di Fiorella Lorenzi insieme a “L’Anguana del Cion” .Tra suggestive descrizioni e un’apparente semplicità narrativa personaggi reali ed immaginari dei monti e dei boschi fanno decollare la fantasia nella semplice, quasi fiabesca, atmosfera di un mondo rurale di altri tempi. Io e Skip ringraziamo anche Silvano Bottaro, alias Novalis, che ha pubblicato il post di Fiorella nel blog Novalismi e invitiamo la cara Fio a scrivere, scrivere e farsi leggere. Ecco l’abbiamo detto ufficialmente!
Ora passiamo a uno dei promotori e assiduo sostenitore del Carnevale della letteratura, cioè Spartaco Mencaroni di Il Coniglio Mannaro. Chi è il Coniglio? “Il Coniglio Mannaro è quella parte di ognuno di noi che si è persa in un posto magico e guarda da lontano il nostro mondo e la sua luna. Continua a raccontare storie fantastiche e frammenti di sogni, a volte fingendo di voler tornare indietro.” Un biglietto di presentazione per un giovane scrittore, di grande creatività e sensibilità, che riesce sempre a produrre racconti suggestivi, ora teneri e delicati, ora misteriosi e avvincenti. Spartaco ha contribuito a questa rassegna con ben tre post.
In quella pallida estate, durante una lunga notte, accadono cose per noi viventi quasi incomprensibili. “Noi ricordiamo poco. I nostri pensieri si sciolgono nella luce e, nel buio, rimangono oscuri. Il giorno è chiarissimo dolore, la notte dolcissima stempera ogni memoria e ci conforta con la sua vaga tristezza.
Ma alcune cose restano, fissate come la trama di una ragnatela su cui splendono gemme argentate e gocce di pioggia inzuppate di luna.
Avvenne quell’estate, sotto un pallido cielo, che un’improvvisa bruma assai densa ci avvolgesse subito prima dell’alba.”
Due mondi si sfiorano nell’alba, momento di passaggio dalle tenebre alla luce, dove la dolcezza e l’amarezza insite in ogni perdita si uniscono .
Neve sull’argine grande è invece un racconto poetico che prende spunto dall’ “Autoritratto con paesaggio” di Matteo Pedrali e accarezza le varie sfumature dell’amore nell’alternanza di giorno e notte, delle luci e delle ombre dell’umano sentire. Questo post è un bell’esercizio di scrittura di Spartaco Mencaroni che riesce a dipingere con descrizioni accurate e incisive.
Di notte accadono cose che non si possono capire, ma solo intuire. “Ma quest’inverno è diverso. C’è uno strano freddo, che entra nell’anima. Le giornate non sono mai del tutto luminose ed è come se la notte assediasse le ore di luce. Posso sentire le ombre, si spingono ai margini del giorno, in attesa del buio.” Nelle Notti d’inverno si snoda una storia avvincente che sconfina dal mondo reale a quello immaginario negli inesplorati meandri della mente umana, popolati da inquietanti presenze.
E infine veniamo a noi. Io e Skip ci siamo un po’ persi tra notti, stelle , lune e sensazioni.
“Caro lettore accingiti a seguirmi e a percorrere con calma lunghe strade di polvere e germogli tracciate nella memoria dei cuori e delle menti di chi narra storie e leggende, ora nascoste dalle tenebre della superstizione e della vendetta, ora illuminate dalla dolcezza dell’amore e dalla magia della natura.” È l’incipit di “Non avevo mai visto occhi così verdi”. Di chi? Provate a scoprirlo nella storia di Cecilia, presunta o vera strega bambina, Tommaso e il Gatto, personaggi reali e fantastici in una storia un po’ misteriosa.
“L’anima è piena di stelle cadenti (Victor Hugo) “e anche la notte di San Lorenzo che ha ispirato semplici riflessioni e una grande meraviglia di fronte a uno spettacolo che si ripete e non stanca mai.
“Pompei, maledetta dalla natura e benedetta dagli dei, suggestiona chiunque nei suoi chiaroscuri, nell’eco remota che risuona dentro, nella sua immensità costellata da vibranti fiammelle che segnano il percorso, quasi a ricordo del percorso esistenziale dell’umanità. “Qui siamo felici” è l’epitaffio più bello in memoria di una città che ha ancora tanto da dire indistintamente a tutti.”
Hic sumus felices – Le magiche Lune di Pompei è un post ove dalla storia di Pompei , esplorata in visite notturne, si approda a riflessioni che accomunano l’umanità del passato e del presente .
In una notte d’autunno è un breve sguardo dentro di sé per ritrovare “ l’anima bambina. La stessa che tace parole non scritte per pudore e per timore di annoiare e di ferirsi. La stessa che ora si lascia decantare e si placa nell’ abbraccio di una morbida notte d’autunno.”
Siamo quasi arrivati alla conclusione del Carnevale e io e Skip ringraziamo tutti i partecipanti e i lettori per avere seguito questa luuuuuuuuuunga rassegna.Ricordiamo che la quarta edizione del Carnevale della Letteratura sarà ospitato su Scienza e Musica di Leonardo Petrillo che ha scelto come tema “ il tempo”. Potrete segnalare i link di vostri post inerenti il tempo entro la fine di settembre .
Ora ci congediamo lentamente e vi regaliamo un ultimo e splendido omaggio di Fernando Pessoa alla Signora che, nelle sue mille sfumature , ci ha ispirati e guidati perché “La notte non è meno meravigliosa del giorno, non è meno divina; di notte risplendono luminose le stelle, e si hanno rivelazioni che il giorno ignora.” ( Nikolaj Berdjaev)
Vieni, Notte antichissima e identica,
Notte Regina nata detronizzata,
Notte internamente uguale al silenzio, Notte
con le stelle, lustrini rapidi
sul tuo vestito frangiato di Infinito.
Vieni vagamente,
vieni lievemente,
vieni sola, solenne, con le mani cadute
lungo i fianchi, vieni
e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini,
fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo,
fai della montagna un solo blocco del tuo corpo,
cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno,
tutte le strade che la salgono,
tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza,
tutte le case bianche che fumano fra gli alberi
e lascia solo una luce, un’altra luce e un’altra ancora,
nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice,
nella distanza subitamente impossibile da percorrere.
Nostra Signora
delle cose impossibili che cerchiamo invano,
dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra,
dei propositi che ci accarezzano
sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare,
al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine,
e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo.
Vieni e cullaci,
vieni e consolaci,
baciaci silenziosamente sulla fronte,
cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d’essere baciati
se non per una differenza nell’anima
e un vago singulto che parte misericordiosamente
dall’antichissimo di noi
laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può
essere nella vita.
Vieni solennissima,
solennissima e colma
di una nascosta voglia di singhiozzare,
forse perché grande è l’anima e piccola è la vita,
e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo,
e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio
e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo.
Vieni, dolorosa,
Mater Dolorosa delle Angosce dei Timidi,
Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati,
fresca mano sulla fronte febbricitante degli Umili,
sapore d’acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi.
Vieni, dal fondo
dell’orizzonte livido,
vieni e strappami
dal suolo dell’angustia in cui io vegeto,
dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni
dal quale naturalmente sono spuntato.
Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata,
e fra erbe alte margherita ombreggiata,
petalo per petalo leggi in me non so quale destino
e sfogliami per il tuo piacere,
per il tuo piacere silenzioso e fresco.
Un petalo di me lancialo verso il Nord,
dove sorgono le città di oggi il cui rumore ho amato come un corpo.
Un altro petalo di me lancialo verso il Sud
dove sono i mari e le avventure che si sognano.
Un altro petalo verso Occidente,
dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro,
e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi
dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva.
E l’altro, gli altri, tutti gli altri petali
– oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima! –
affidali all’Oriente,
l’Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede,
l’Oriente pomposo e fanatico e caldo,
l’Oriente eccessivo che io non vedrò mai,
l’Oriente buddhista, bramanico, scintoista,
l’Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo,
tutto quanto noi non siamo,
l’Oriente dove – chissà – forse ancor oggi vive Cristo,
dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto…
Vieni sopra i mari,
sopra i mari maggiori,
sopra il mare dagli orizzonti incerti,
vieni e passa la mano sul suo dorso ferino,
e calmalo misteriosamente,
o domatrice ipnotica delle cose brulicanti!
Vieni, premurosa,
vieni, materna,
in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti
al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute,
e che vedesti nascere Geova e Giove,
e sorridesti perché per te tutto è falso, salvo la tenebra e il silenzio,
e il grande Spazio Misterioso al di la di essi… Vieni, Notte silenziosa ed estatica,
avvolgi nel tuo mantello leggero
il mio cuore… Serenamente, come una brezza nella sera lenta,
tranquillamente, come un gesto materno che rassicura,
con le stelle che brillano (o Travestita dell’Oltre!),
polvere di oro sui tuoi capelli neri,
e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto.
Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi
Quando tu entri ogni voce si abbassa
Nessuno ti vede entrare
Nessuno si accorge di quando sei entrata,
se non all’improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie,
che tutto perde i contorni e i colori,
e che nel cielo alto, ancora chiaramente azzurro e bianco all’orizzonte,
già falce nitida, o circolo giallastro, o mero diffuso biancore, la luna comincia il suo giorno.
Fernando Pessoa
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