La taverna è uno dei tre quadri fondamentali del presepe napoletano, insieme alla Nascita e all’Annuncio ai pastori, che per la prima volta nel 1507 fu introdotta dal bergamasco Pietro Belverte in un presepe per i frati di San Domenico Maggiore. Dal 1600 in poi la taverna divenne uno spazio caratterizzante il presepe, un angolo di vita quotidiana che in primo piano capta l’attenzione di chi osserva. In effetti il presepe napoletano ha riprodotto e riproduce in sé personaggi, eventi, mode contemporanee e la stessa arte gastronomica vi confluì, considerando che raggiunse l’apice nel 1700.
Già verso la metà del ‘600 il marchese di Crispano censì a Napoli circa 210 taverne dove la tradizione culinaria era ben radicata. Pare che l’ambientazione della taverna sia da ricondurre all’Osteria del Cerriglio, di fama europea, sorta nel ‘500 e ubicata tra i banchi Nuovi e Sedile del Porto, dietro Piazza Bovio e Corso Umberto. Era ancora molto rinomata nel ‘700 sia per la qualità delle pietanze e del vino, sia perché frequentata da artisti e letterati, nobili e stranieri, amanti della buona tavola che lì venivano a contatto con il popolo e le prostitute.
Giambattista Basile scrisse che era
”La casa de li spasse
lo puorto de li guste
dove trionfa Bacco
dove se scarfa Venere e l’allegria
dove nasce lo riso
cresce l’abballo e bernolea lo canto
s’ammansona la pace
pampanea la quiete
dove gaude lo core
se conforta la mente
se dà sfratto a l’affanno
e s’allonga la vita pe cient’anne”
Nella locanda del Cerriglio il Caravaggio fu sfregiato al viso nel 1609 durante un soggiorno a Napoli. Qui si esponevano in bella vista una gran varietà di prodotti alimentari e ortofrutticoli, che potevano appagare l’atavica fame e la miseria del popolo, più di recente rappresentate da Pulcinella o dal mangiatore di maccaroni : salsicce, uova, polli, pesci e frutti di mare, ortaggi, frutta, formaggi, ricotte.
Oltre ad essere il regno dell’abbondanza, lo era anche della convivialità partenopea e del divertimento perché musicanti e donne allietavano gli avventori in cerca del piacere o delle chiacchiere sui fatti della città.
Nella taverna primeggiavano le colorate maioliche: piatti, zuppiere, lucerne, pavimenti, piastrelle, ampia testimonianza dell’artigianato locale.
In seguito, dalla fine del XIX secolo, gli studiosi di storia, di tradizioni e di antropologia rividero la simbologia del presepe e la taverna fu quindi considerata luogo di perdizione ove regnano i vizi di gola, lussuria, gioco ed ubriachezza; a volte vi compaiono anche un monaco ubriaco, che rappresenta la corruzione temporale della chiesa, i giocatori di carte, detti Zì Vicienzo e Zì Pascale che hanno poteri divinatori e l’oste che diviene un personaggio demoniaco.
Quest’anno vi segnalo due mostre sull’arte presepiale:
“Maestri in Mostra” presso Villa Fiorentino, Corso Italia 53 –Sorrento (Na) fino al 10 gennaio (ore 10-13 e 16-21)
“Trentesima Mostra di Arte Presepiale” nel Complesso Monumentale San Severo al Pendino, Via Duomo 286- Napoli fino all’8 gennaio 2016 (ore 9.00-19.00)
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