Tempo fa ho avuto l’occasione di vedere due volte il video “Transizioni…dal nido alla scuola dell’infanzia” che aiuta a capire le difficoltà che i piccoli affrontano passando dalle braccia di mamma e papà al contesto educativo della prima infanzia. Vi descrivo alcune sequenze che mi son sembrate particolarmente significative.
Un bimbo saluta la tata e poi corre a salutare la mamma. Si ferma sulla soglia di una porta interna e la chiama. Lei lo saluta con la mano, sorridendo a distanza , lui ricambia e si volta perplesso. Nei passi incerti e nello sguardo del bambino che esita, chiedendosi se seguirla o restare, si percepisce una scelta di crescita. Decide di rimanere nel nido a giocare con gli altri bambini.
Un piccolo si rannicchia nel lettino per la nanna pomeridiana; si raggomitola pian piano cercando la posizione del sonno. Si chiude come in un uovo, in posizione fetale. Cerca col piedino, simile a un cordone ombelicale non reciso, il contatto con la puericultrice seduta vicino per vegliare.
Una bimba di circa due anni trotterella nel cortile e all’ improvviso scopre la sua ombra. La fissa stupita mentre anch’ essa si ferma. Si china per toccarla, muove le braccia e ne segue i movimenti . Infine esclama “È Giulia”. Ride soddisfatta e la saluta.
Quanta vita c’è in queste immagini comunemente reali. Tutta la vita è annunciata nei suoi misteri a quei bambini che ci hanno testimoniato le loro prime scoperte. L’hanno fatta ripercorrere agli adulti presenti, emozionati non poco di fronte alle loro esperienze, conquiste e gesti rituali. Il distacco da un genitore che s’allontana genera l’ intuizione della necessità della separazione, non dettata dall’ egoismo ma da scelte di vita professionale e si conclude con un primo passo verso la reciproca autonomia affettiva. “Papà, tu vai ma so che ci sei e ritornerai”. Una certezza mai tradita che è stata un costante leitmotiv della mia vita.
Quante volte i miei figli hanno cercato un contatto rassicurante per cullarsi e tornare all’ origine prima di sprofondare nella quiete del sonno. Mi ha però commosso la scena dell’ombra, esclusiva e fedele compagna nel cammino. Quell’ ombra, a nostra immagine e somiglianza, ci segue silenziosa quando è proiettata dietro di noi. Dispettosa e burlona sembra schernirci quando è davanti, anticipa il passo, alleggerisce il peso del tempo, altera le dimensioni.
Quei bambini, che giocando imparavano a conoscere se stessi, gli altri e lo spazio circostante, si sono agganciati con la loro innocente spontaneità all’ infanzia e alla memoria di tutti. Tutta la vita è lì, dentro quelle immagini. Nell ’incanto silenzioso del sonno che culla i sogni e suscita tenerezza e protezione. Nelle prime transizioni che creano turbamento finchè non si ripristinano nuovi equilibri affettivi, costruendo pian piano nella mente la certezza della presenza a distanza, e si impara ad accettare e a sopportare qualsiasi attesa. La vita è in quell ’ombra fuggevole che sparisce e ricompare all’ improvviso, si anima gioiosa al nostro passaggio quando la luce illumina la strada. Nell’ uniformità del colore nero assomma tutti i colori delle emozioni vissute, il senso dello stupore di fronte al nuovo, l’entusiasmo della scoperta e la soddisfazione delle piccole conquiste. È Giulia, ma anche Maria, Francesco, Sara, Luigi… In essa si è affacciata l’ anima infantile di ciascuno e, ridendo quasi compiaciuta, ha regalato un po’ di meraviglia.