I fatti di Colonia tra denunce, responsabilità, reazioni, opinioni, strategie politiche affinchè i diritti e le libertà delle donne siano valori indiscutibili e non negoziabili

Nella notte di san Silvestro a Colonia le donne, affluite nella piazza vicina alla Cattedrale e alla stazione centrale per festeggiare il Capodanno, sono state circondate da circa mille uomini, suddivisi in  gruppi di 20 -30,  e sono state molestate, palpate, umiliate, derubate. Le forze dell’ordine non sono riuscite a contenere  i vari branchi,  gli uomini che accompagnavano le donne non riuscivano a opporre resistenza, qualcuno è stato derubato e malmenato. Il giorno dopo da un rapporto della polizia non risultava nulla dei disordini e delle aggressioni, ma hanno iniziato a fioccare prima 30, poi 40, 150, 300, fino a più di 600 denunce di molestie sessuali, messe in atto  quasi contemporaneamente anche in altre città tedesche  come Amburgo, Francoforte, Stoccarda, Düsseldorf , mentre a Bielefeld,  in Vestfalia, 500 uomini hanno aggredito le ragazze presenti  nella discoteca Elephant Club.

La notizia ha iniziato a rimbalzare in rete e attraverso i media, suscitando un generale sdegno e tanti interrogativi. Dalle testimonianze risultava che i branchi erano composti perlopiù da nordafricani e arabi, ubriachi ed esaltati. Il capo della polizia di Colonia ha subito ammesso che le aggressioni, così come sono avvenute, dovevano essere state coordinate ed è stato mandato in pensionamento anticipato per la gestione della sicurezza e dell’informazione dopo le violenze di Capodanno; in seguito  il Ministro della Giustizia tedesco ha dichiarato che gli attacchi sono stati pianificati. Le notizie, spesso frammentarie e contraddittorie,  hanno suscitato disorientamento nell’opinione pubblica internazionale. Alcune domande  sorgevano spontanee: come mai una così massiccia concentrazione di extracomunitari in quella piazza, come mai queste aggressioni sono avvenute oggi e non in passato? Come mai alcuni aggressori sono confluiti da centri a 100 km di distanza, se non addirittura dalla Francia e dall’Olanda, come hanno poi scritto in seguito?  Una prima lettura dei fatti di Colonia è emersa in due editoriali. In “Il corpo delle donne e il desiderio di libertà di quegli uomini sradicati dalla loro terra” lo scrittore algerino Kamel Daoud  ammette: “Del rifugiato vediamo lo status, non la cultura. E così l’accoglienza si limita a burocrazia e carità, senza tenere conto dei pregiudizi culturali e delle trappole religiose…Nel mondo di Allah il sesso rappresenta la miseria più grande” .

 Invece in  “Quegli uomini che negano le violenze contro le donne”– i fatti di Colonia e la profonda ferita nella coscienza europea-  Aldo Cazzullo denuncia l’incredibile sottovalutazione della situazione che lascia una ferita perché tutti  pensano che poteva capitare a una sorella o una figlia che esce per festeggiare il Capodanno in piazza, per vivere spensieratamente la sua libertà. Incredibile il tardivo riconoscimento di quanto accaduto, confermato dal primo rapporto della polizia tedesca che riferiva di  una nottata pacifica. Del resto in Germania si è indulgenti verso gli eccessi festaioli sia dell’Oktober Fest, del Carnevale e del Capodanno dove l’alcool libera da freni inibitori e i fuochi sono lanciati ad altezza uomo, a dispetto della nomea di Napoli.

Allarmismi infondati o differenze culturali sottovalutate? Certe sono le molestie e le oltre 600 denunce, le insufficienti misure di prevenzione e sicurezza, la sottovalutazione della situazione da parte delle forze dell’ordine, sia prima i fatti di Capodanno che durante il loro svolgimento. Il direttore generale dell’anticrimine della Renania Settentrionale Vestfalia, nel rapporto presentato a una seduta speciale del parlamento regionale a Düsseldorf, ha poi dichiarato che dalle indagini sulle molestie nella notte di San Silvestro NON risultava  nessuna organizzazione o guida degli attacchi . 

Reazioni.

 Intanto si è subito scatenata una duplice  reazione: quella degli  hooligan, impegnati in  una caccia all’uomo nel centro storico di Colonia conclusasi col ferimento di  pakistani e siriani,  più un  corteo del movimento xenofobo di estrema destra Pegida ( Patrioti Europei contro l’Islamizzazione dell’Occidente), e  quella  delle donne che hanno inscenato flash mob di protesta.  Strano come gli artefici di vandalismi, violenze gratuite e misoginia si siano prontamente  elevati a paladini dei diritti delle donne,  tant’è che ciò ha alimentato una tesi complottista  che li vede come anonimi fomentatori delle violenze via Whatsapp.

Dalla  ricostruzione ora per ora dei fatti di Colonia, pubblicata sul Corriere della Sera, si è aperto uno scenario inquietante e  si è avuta conferma  che il tutto non era solo dovuto al temporaneo uso di alcool e stupefacenti, alle eccessive scariche di adrenalina che contagiano il branco. Intanto il sindaco di Colonia, Henriette Reker, ha infelicemente consigliato alle donne di tenersi a un braccio di distanza dagli immigrati in occasione delle manifestazioni di piazza, provocando così prevedibili e immediate  contestazioni. Si consideri che durante la campagna elettorale  l’ attuale sindaco fu  ferita in un’aggressione xenofoba per il suo impegno a favore dei richiedenti asilo e di una politica d’integrazione.Ciò fa intuire che i continui arrivi dei rifugiati in Germania, molto avversati dalla destra,  abbiano creato problemi di integrazione e di  convivenza con i tedeschi, una situazione sociale apparentemente tranquilla,  poi precipitata e resa visibile agli occhi del  mondo intero. 

In Egitto

Questi fatti di Colonia  però dovevano pur avere una spiegazione logica, non per altro per esorcizzare la comprensibile e generale paura.  Intanto in rete sono stati segnalati articoli sulle violenze contro le donne in Egitto, sulla pratica del ” cerchio dell’inferno”, consistente nell’accerchiamento e  nello stupro collettivo  delle donne che osano frequentare le piazze di notte o vestire come le occidentali. Ciò si è verificato soprattutto al Cairo, in Piazza Tahrir, durante la rivoluzione egiziana del 2011 ove le donne volevano festeggiare  e invece ebbero conferma che nulla sarebbe cambiato per loro nella società patriarcale esistente. Questi stupri sono stati spesso strumentalizzati politicamente,  prima messi in atto dai soldati dell’esercito di Morsi poi anche dai ribelli nei giorni della protesta contro il governo di Morsi, ormai deposto, quando  novantuno donne,  scese in piazza per manifestare, sono state aggredite e violentate da gruppi di uomini, forti  dell’impunità. In  rete sono reperibili  testimonianze e video impressionanti  di questa pratica, di cui rimase vittima anche la  giornalista francese Caroline Sinz.

Nelle piazze egiziane si attivarono volontari, i “Tahrir Body Guard”, riconoscibili dai giubbini fluorescenti e  pronti a intervenire e mettere in salvo le donne in difficoltà come risulta da questo video del Corriere che è una breve sintesi di quegli stupri collettivi. Spesso le nordafricane  non denunciavano, e non denunciano, le violenze subite sia perché non hanno séguito con condanna dei colpevoli, sia  perché sono ritenute gravemente disonorevoli e  implicano quindi l’impossibilità di sposarsi oltre a  una perenne discriminazione sociale. 

Ben presto trova conferma ciò che maggiormente si temeva. Un rapporto del Ministero di Giustizia della Renania Settentrionale- Vestfalia e l’Ufficio federale tedesco di polizia criminale hanno  definito “taharrush gamea” (termine arabo che indica la pratica di molestie- violenze  sessuali di gruppo che si svolgono in strada  e in mezzo alla folla), le molestie della notte di san Silvestro a  Colonia, come quelle  di Piazza Tahrir, perpetrate da uomini “quasi esclusivamente” di contesto migratorio “nordafricano e arabo”, di recente arrivo.  

Le reazioni della stampa.

Interessante notare  come  la stampa di destra abbia molto sottolineato la provenienza dei responsabili per contrastare la politica di accoglienza  a sostegno invece di quella   xenofoba. La stampa di sinistra ha rilevato invece l’inefficienza delle forze dell’ordine, la necessità di una più  efficace politica di integrazione, soprattutto culturale,  l’immediata  ed energica reazione della Merkel. È emersa  anche una tesi complottista per cui i messaggi di incitamento alle violenze sarebbero stati anonimamente inviati da estremisti di destra per fomentare l’odio razziale e religioso.

Questi sono più o meno i fatti che sinceramente, a dir poco, mi hanno molto disturbata . Quel che continua a stupirmi è la posizione delle donne, poco manifestata e sentita attraverso i media, e non a caso ho deciso di scriverne. Subito dopo i fatti, circa 300 donne hanno improvvisato flash mob di protesta nella piazza dei misfatti, altre hanno partecipato al corteo organizzato dal movimento  Pegida  di estrema destra. Mi chiedo se esista un movimento femminista in Germania, che fino a poco tempo fa nel mio immaginario appariva come la nazione dell’efficienza,  delle mille opportunità , del benessere socio culturale. Unica voce forte e chiara, sin dall’inizio, è stata quella di Angela Merkel che ha subito richiesto leggi più dure ed effettivamente applicate e ha annunciato la revoca del diritto di asilo ai profughi che risultino colpevoli.

Le opinioni  di alcune intellettuali italiane.

In Italia Dacia Maraini dichiara che siffatti reati sono stati compiuti da migranti di seconda e terza generazione, emarginati sociali che trovano soddisfazione nel provocare terrore;  invoca una revisione della politica di accoglienza, un rispetto fermo delle nostre leggi, delle libertà conquistate dalle donne, dei nostri valori e delle nostre abitudini. Un rispetto che deve essere reciproco e costruito sul piano culturale. 

Natalia Aspesi  fa un discorso generale sulla violenza di genere  “Quella notte, a Colonia, ma anche altrove, le donne si sono ritrovate completamente sole, tra maschi violenti, maschi indifferenti, maschi spaventati. Di nuovo dentro la loro storia secolare di isolamento, impotenza, sopraffazione, abbandono, pericolo, che ogni tanto sembra finita e invece non lo è mai: probabilmente ancora una volta usate per consentire a un branco di maschi di disprezzarle e rimetterle al loro posto di sottomissione e irrilevanza, e a un altro branco di maschi di ergersi, dopo i fatti e solo a parole, a indispensabili protettori, a eroici paladini della loro libertà, che per secoli hanno ostacolato e ostacolano tuttora; e a un altro branco ancora a servirsene come pedine di una sporca politica.”  

La scrittrice Lorella Zanardo  si è espressa duramente sulla tardiva reazione di condanna da parte delle femministe italiane, come se ci fosse qualche perplessità nel riconoscere le responsabilità degli immigrati, ha chiaramente detto che prima devono essere tutelati i  diritti delle donne e poi degli altri, e che è indecisa sulla sua partecipazione alla manifestazione a Colonia, annunciata  per il 4 febbraio, perché teme che possa ridursi a una semplice passerella.

L’antropologa  e sociologa Amalia Signorelli denuncia:  “ A Colonia una guerra tra maschilisti. Le violenze prima. La strumentalizzazione poi. Perché l’uomo occidentale difende le donne per sentirsi superiore ai musulmani.” In pratica la donna è sempre considerata terra di conquista dell’uomo che se ne serve  per affermare la propria supremazia e riconosce che oggi le donne quasi temono di esporsi nel manifestare dissenso, anche perchè “femminista” è intesa in un’accezione negativa, grazie anche alle più recenti generazioni che vivono di rendita delle battaglie intraprese da altre donne a partire dagli anni ’70.  

Manifestazioni sì o no?

Inizialmente  pareva che il 4 febbraio a Colonia, proprio in occasione del Carnevale che prevede un grande affluenza di persone, si sarebbe svolta una manifestazione. Si discuteva se  consentirne la libera partecipazione a donne provenienti dalle  varie parti d’Europa,  poi per motivi  di sicurezza solo  ad alcune intellettuali italiane e contemporaneamente le manifestazioni avrebbero dovuto svolgersi anche in altre piazze d’Europa ( auspicando magari  la presenza di  donne e uomini musulmani che condannano queste violenze) . Ammetto che di questa manifestazione non ho trovato più notizie. Intanto  la tradizionale sfilata dei carri carnevaleschi è stata sospesa a Rheinberg per timore  delle aggressioni sessuali e per l’impossibilità di attivare idonee misure di sicurezza, e  nella città tedesca di Bornheim, vicino Bonn, il Comune ha vietato l’ingresso nella  piscina pubblica a profughi maschi in seguito a segnalazione di molestie da parte delle ragazze che la frequentano.

 In Italia.

La violenza di genere esiste, in Italia come  in altri paesi europei . Un giornalista che chiedeva  a un giovane italiota nostro cosa pensasse delle molestie di Colonia si è sentito rispondere, con una superficialità che avrà disintegrato l’unico neurone dell’intervistato, che in una  situazione del genere ( di branco)  non si tirerebbe indietro dal partecipare alle molestie. Fatto grave che testimonia ancora una volta che manca una cultura di genere, e la consapevolezza che la violenza contro le donne  è trasversale a prescindere dall’estrazione socio culturale  e dalla nazionalità degli uomini.

dati-stupro-2014-grafico-torta-465x463Basti ricordare che  a fine dicembre 2014 il ministero di Giustizia minorile ha detto  di avere in carico ben 532 ragazzi condannati per stupro e 270 per stupro di gruppo. A questi si aggiungono alcune condanne per altri reati a sfondo sessuale (ad esempio abuso su minore e detenzione di materiale pornografico attraverso sfruttamento di minori in cui sono coinvolti maschi e femmine) per un totale di 973 ragazzi, di cui  235 sono stranieri e 738 italiani. Tra  le prime dieci provincie di  provenienza dei giovani delinquenti compaiono  città del sud, come Bari e Napoli, ma anche città del nord, come Bergamo e Trento, e le regioni più interessate sono la Puglia con 131 casi e l’Emilia Romagna con 129. Questi dati dimostrano come il fenomeno sia trasversalmente  diffuso a livello territoriale, come la violenza di genere si manifesti già in giovanissima età e come il silenzio sulla questione culturale impedisca il cambiamento. Se nel  1996 l’Italia ha riconosciuto lo stupro come reato contro la persona, e non più solo contro la morale, bisogna prendere atto che in questi  venti  anni le leggi non si sono rivelate  sufficienti, proprio perché  non supportate  da  un percorso  culturale ed educativo né da dure condanne.

Opinione personale

A mio avviso, manca una dichiarazione ufficiale  dell’Unione Europea a riguardo di  questi fatti, una forte  e univoca condanna in difesa dei  diritti delle donne. Ciò non significa  scatenare  uno scontro culturale, né avversare la politica di accoglienza e d’ integrazione, sulle quali dovranno interrogarsi e provvedere i singoli governi, ma riconoscere  la libertà  delle  donne, europee e non. Manca un discorso serio di legalità, forse per timore di aizzare la deriva destrorsa,  razzista e xenofoba che  serpeggia in tanti paesi europei. Invocare  il rispetto delle leggi e delle persone  dei paesi che accolgono, spesso impegnati nel rispetto delle tradizioni e  delle culture diverse e in un processo di integrazione, e chiedere l’immediata espulsione di chi delinque non significa essere xenofobi, bensì difendere diritti che sono stati così sfacciatamente violati.

Proprio  il  primo giorno del  2016 abbiamo avuto conferma che anche in Europa la violenza di genere può essere una strategia politica, come gli  stupri di massa che ci sono e ci sono stati in ogni guerra e a ogni latitudine.  Trovo  avvilente  dovere ricordare che i  diritti e le libertà delle donne sono valori indiscutibili e non negoziabili, che vanno garantiti e tutelati sempre e comunque,  perché soprattutto la molestia e la violenza sessuale  sono mortificanti e odiose e non possono assolutamente essere tollerate  da paesi che si dichiarano civili.

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

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Una delle tante ragioni per cui ho iniziato a scrivere riguarda  la violenza sulle donne per raccontare, commentare, indignarmi sulle tante forme di discriminazione, abuso, maltrattamento,  intolleranza contro la donna. Alcune abiette e lontane, altre più subdole e sottili.

Il femminicidio in atto è più evidente e denunciato, e non bastano solo le parole per fermarlo e interventi legislativi e  giudiziari per reprimerlo. Occorre una cultura che promuova il rispetto dell’identità di genere,  basata sull’affettività e sul riconoscimento delle rispettive diversità, emozioni e sentimenti,  che insegni a trasporsi nell’altro, per prevenire la violenza non solo contro le donne, ma contro tutti coloro ritenuti diversi o comunque percepiti come contrapposti. La rabbia latente esplode con un’aggressività che rivela l’incapacità di gestire le proprie emozioni e riconoscere quelle altrui non solo  in fondamentali svolte di vita, ma anche  in occasione di una partita di calcio o di  un parcheggio negato. Un delirio di onnipotenza ove l’altro viene annullato, in tutti i sensi.(da “Cicatrici di guerra:il Clan delle Cicatrici” in skipblog.it)

 

Prendiamo atto che  le morti violente di tante donne non sono dovute a balordi, in preda ad alcool o droghe, ma il più delle volte a premeditazione di chi ha una mentalità che deve essere sradicata a livello socio-culturale, non solo da noi donne che stiamo acquisendo maggiore consapevolezza, ma soprattutto dagli uomini di buona volontà che non devono soltanto prendere le distanze a parole ma intervenire ogni qualvolta si imbattano in qualche farabutto che si sente più sicuro e potente opprimendo  una donna con angherie. La violenza contro le donne è una questione MA-SCHI-LE. Le donne si sono emancipate. Ora tocca a voi, Uomini di buon volontà,  sradicare quella subdola solidarietà di genere basata sul  fingere di non vedere e di non sentire nei luoghi pubblici e  di lavoro, nei condomini.

Ora, più di prima, spetta anche a chi opera nella scuola, e siamo tanti, a segnalare in modo riservato a chi di dovere (in primis al Dirigente scolastico, e alle forze dell’ordine) quando si appurino situazioni ad alto rischio di letalità.È un obbligo giuridico e morale, sicuramente scomodo, di ogni insegnante. L’omissione è perseguibile per legge. Nella scuola dell’infanzia e primaria spesso i bambini e le madri raccontano; nelle scuole secondarie di primo e secondo grado le ragazze a volte parlano:  si può aiutare chi è in difficoltà per prevenire un inferno non solo alla donna ma anche ai figli. 

 In questi anni  non mi sono sfuggite le tante, troppe,  donne  italiane  e straniere morte, il più delle volte per mano di un uomo, più di rado per suicidio perché le violenze subite le avevano uccise dentro.

A marzo dell’anno scorso   mi ha molto colpito la notizia del suicidio di Fakhra YounasFakhra Younas , autrice del libro “Il volto cancellato”: volto, braccia, petto e soprattutto identità sfigurati con l’acido dal  marito perché lei, giovane e bellissima, aveva deciso di divorziare da quell’uomo violento, possessivo e potente, condannato poi a  pochi mesi di carcere. Fakhra fu aiutata dalla suocera a fuggire con il figlio in Italia e nel 2000 trovò aiuto a Roma nell’associazione Smileagain. Si sottopose a circa  una quarantina di interventi chirurgici, ma certe ferite interne non si sono cicatrizzate e  Fakhra, simbolo della ribellione delle donne del Pakistan, dell’ India, del Bangladesh e del Nepal, non ce l’ha fatta.

Una realtà non troppo  lontana dalla nostra, visto che quest’anno qualche farabutto  italiano ha adottato questa triste prassi. Proprio oggi una ragazza italiana, Lucia Annibali,  ha ricevuto dal Presidente della Repubblica l’Onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per il coraggio, la dignità e  la forza d’animo di reagire a un’aggressione con l’acido, commissionata da un  talebano nostrano.

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In India le donne sono insorte ma le violenze, anche contro bambine piccolissime, continuano;  la giovane Malala Yousafzai, candidata al Premio Nobel per la pace, ha captato l’attenzione del mondo intero nel rivendicare i diritti civili e in particolare allo studio per le donne della città di Mingora (Pakistan), negati da un editto dei talebani.

In Italia ormai le donne denunciano di più le violenze subite e  spesso pare che i media annuncino un bollettino di guerra. Non c’è giorno che non si senta di qualche donna, giovane e meno giovane, che non muoia per mano del marito, dell’ex , del fidanzato, del compagno, dell’amante o di un familiare. Non se ne può più. Il campionario maschile è variamente assortito, da Nord a Sud, per età ed estrazione socio culturale. Il problema non è tanto limitato, come si vuole fare credere, e la cosa che più mi preoccupa è scoprire da ciò che racconta mia figlia, poco più che ventenne, che alcuni ragazzi coetanei non vogliono che la lei di turno vada a studiare in un’altra città, che esca con le amiche quando lui si concede uscite o rimpatriate tra boys o che abbia interessi propri, e pretendono di  essere continuamente aggiornati con telefonate e sms su  ogni minimo spostamento.

Siamo nel 2013: se da ragazzina  immaginavo che in un lontano futuro saremmo diventati una sorta di androidi senza nemmeno più una diversità di genere, perché l’istinto sarebbe stato soppiantato   da menti evolutissimamente perse in altri meandri, oggi  riconosco che per fortuna è rimasta l’identità di genere, ma in quanto ad evoluzione culturale non saprei proprio a che punto siamo arrivati. 

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Anche in Italia c’è tanto da riflettere e da fare per diffondere la cultura di genere. Lo dobbiamo alle vittime di abusi e maltrattamenti ma soprattutto alle   oltre cento vittime  che “non contano”, o contano molto, ma molto meno dei loro mariti, compagni, partner, padri che le hanno uccise. Contiamole e osserviamole  una alla volta per non smarrire i loro passi e  la loro storia.  L’amore dona vita. I killer e i violenti non amano. Quelle donne hanno amato un uomo che non le meritava..
 Il Campidoglio si accenderà di rosso, e tante iniziative sono previste nelle città italiane per dire “No alla violenza contro le donne” a ricordo delle vittime  di ogni età e nazionalità. L’artista messicana Elina Chauvet, che ben conosce il femminicidio di  Ciudad Juárez, ha importato in Italia  le “Zapatos Rojos”, scarpe rosse,  per non dimenticare il cammino interrotto  delle tante donne  uccise. Formano un percorso  di  solidarietà per  quelle che in tutto il mondo  hanno subito e subiscono violenza.

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La violenza sulle donne: da patologia a fenomeno socio-culturale che si manifesta in varie forme e stereotipi

Speriamo che sia…femmina?

Quanto mi dai?

 

La violenza sulle donne: da patologia a fenomeno socio-culturale che si manifesta in varie forme e stereotipi.

Negli anni Sessanta  psichiatri e psicologi studiarono gruppi clinici di uomini violenti: l’aggressività maschile fu spiegata o  con caratteristiche psicologiche del soggetto, devianti dalla norma, oppure fu considerata come una reazione dell’uomo ad un comportamento della donna “non sufficientemente femminilizzato” perché poco remissivo e disponibile. Insomma il  fenomeno della  violenza fu addebitato ad  una patologia e l’aggressione maschile fu quasi giustificata perché si tendeva a colpevolizzare la donna  per la violenza subita ( della serie:“ se l’è cercata”- che ancora sopravvive).

Dagli anni Settanta in Europa e dieci anni più tardi  in Italia, la violenza sulle donne è stata riconosciuta  come un fenomeno dovuto alla relazione tra i sessi ed  è venuta allo scoperto grazie anche all’attività dei Centri Antiviolenza che sostengono in vario modo  le donne offrendo ascolto, consulenza, assistenza giuridica, accoglienza in strutture a tutela di donne e bambini maltrattati.  Da anni si creano reti a sostegno delle donne in cui istituzioni ed associazioni cooperano ciascuno nel proprio ambito di competenze per fronteggiare il fenomeno con interventi mirati .Ciò non solo quando il fatto è già avvenuto e viene denunciato, ma anche a scopo di prevenzione con progetti finalizzati alla diffusione della cultura di genere grazie ad operatori dei servizi sociali e delle forze dell’ordine, dei servizi sanitari e della scuola.

La donna sta acquisendo consapevolezza: dalla considerazione di una donna,  fragile e passiva vittima “predestinata”, si passa sempre più a quella di una donna come soggetto attivo, credibile, forte, che reagisce per proteggere se stessa e i  figli dalle varie forme di prevaricazione.

 Esistono vari tipi di violenza  sulle donne e molti stereotipi e luoghi comuni su questo fenomeno, a partire da quello che sia una moda parlarne, giusto per fare audience. Riprendo le definizioni dal portale antiviolenzadonna.it, Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento  per le  Pari Opportunità, che invito a visitare per ulteriori approfondimenti. È importante conoscere i vari aspetti del fenomeno perché  la donna in difficoltà rischia di cadere in un ciclo di violenze, sempre più frequenti e gravi, a seconda della risposta che riceve alla sua prima richiesta di aiuto all’esterno, del sostegno o del mancato sostegno che trova nei familiari non abusanti, nelle amiche o nei professionisti. È quindi necessario che come cittadini comprendiamo il fenomeno per essere in grado di sostenere la donna maltrattata, indirizzandola verso specialisti che possano supportarla a livello psicologico e fornirle protezione ed assistenza, altrimenti il percorso di ricerca di aiuto diventa lungo e difficile e può concludersi in un tragico epilogo. Ogni donna reagisce in modo diverso di fronte alla violenza, ha diverse capacità di sopportazione e consapevolezza: c’è chi reagisce al primo episodio, chi aspetta che lui cambi, chi chiede aiuto solo quando si giunge a violenze aberranti ed insopportabili. L’iniziale coscienza che si è di fronte ad un problema irrisolvibile da soli, già crea nella donna una profonda sofferenza.

 

Tipi di violenza. 

Violenza sessuale

È ogni imposizione di pratiche sessuali non desiderate: coercizione alla sessualità, essere umiliata o brutalizzata durante un rapporto sessuale, essere obbligata a ripetere scene pornografiche, essere prestata ad un amico per un rapporto sessuale.

 

Maltrattamento fisico

È ogni forma d’intimidazione o azione in cui venga esercitata una violenza fisica su un’altra persona. Comprende comportamenti quali: spintonare, costringere nei movimenti, sovrastare fisicamente, rompere oggetti come forma di intimidazione, sputare contro, mordere, tirare i capelli, gettare dalle scale, picchiare, bruciare con le sigarette, privare di cure mediche o del sonno, sequestrare, strangolare, ferire, uccidere.

 Maltrattamento economico

È ogni forma di privazione e controllo che limiti l’accesso all’indipendenza economica di una persona. Include comportamenti quali: privare delle informazioni relative al conto corrente e alla situazione patrimoniale e reddituale del partner, non condividere le decisioni relative al bilancio familiare, costringere la donna a spendere il suo stipendio nelle spese domestiche, costringerla a fare debiti, tenerla in una situazione di privazione economica continua, rifiutarsi di pagare un congruo assegno di mantenimento o costringerla ad umilianti trattative per averlo, licenziarsi per non pagare gli alimenti, impedirle di lavorare, sminuire il suo lavoro, obbligarla a licenziarsi, a cambiare tipo di lavoro oppure a versare lo stipendio sul conto dell’uomo.

 Maltrattamento psicologico

La violenza psicologica accompagna sempre la violenza fisica ed in molti casi la precede. È ogni forma di abuso e mancanza di rispetto che lede l’identità della donna. Il messaggio che passa attraverso la graduale violenza psicologica è che chi ne è oggetto è una persona priva di valore e questo può determinare in chi lo subisce la successiva accettazione di altri comportamenti violenti. Il maltrattamento psicologico procura una grande sofferenza e si manifesta in vario modo: disistima, distorsione della realtà oggettiva, comportamento persecutorio (stalking),eccessiva attribuzione di responsabilità e colpe, indurre senso di privazione e paura cronica.

 

Sono tanti gli stereotipi e i luoghi comuni  sulla violenza.

Si crede che…

 

la violenza verso le donne sia un fenomeno poco diffuso. Invece è un fenomeno esteso, anche se ancora sommerso e per questo sottostimato. Ci sono molte donne che hanno alle spalle storie di maltrattamenti ripetuti nel corso della loro vita.

 la violenza verso le donne riguardi solo le fasce sociali svantaggiate, emarginate, deprivate. Invece è un fenomeno trasversale che interessa ogni strato sociale, economico e culturale senza differenze di età, religione e razza.

 le donne siano più a rischio di violenza da parte di uomini a loro estranei.Invece i luoghi più pericolosi per le donne sono la casa e gli ambienti familiari, gli aggressori più probabili sono i loro partner, ex partner o altri uomini conosciuti: amici, familiari, colleghi, insegnanti, vicini di casa.

 solo alcuni tipi di uomini maltrattino la propria compagna.Invece, come molti studi  documentano, non è stato possibile individuare il tipo del maltrattatore; né razza o età o condizioni socioeconomiche o culturali sono determinanti. I maltrattatori non rientrano in nessun tipo specifico di personalità o di categoria diagnostica.

 la violenza non incida sulla salute delle donne. Invece la violenza di genere è stata definita dall’OMS come un problema di salute pubblica che incide gravemente sul benessere fisico e psicologico delle donne e di tutti coloro che ne sono vittima.

 la violenza verso le donne sia causata da una momentanea perdita di controllo. Invece la maggior parte degli episodi di violenza sono premeditati: basta solo pensare al fatto che le donne sono picchiate in parti del corpo in cui le ferite sono meno visibili.

 i partner violenti siano persone con problemi psichiatrici o tossicodipendenti. Invece credere che il maltrattamento sia connesso a manifestazioni di patologia mentale ci aiuta a mantenerlo lontano dalla nostra vita, a pensare che sia un problema degli altri. Inoltre la diffusione della violenza degli uomini contro le donne esclude che si tratti di la possibilità della devianza, dell’eccezionalità.

 gli uomini violenti siano stati vittime di violenza nell’infanzia. Invece il fatto di aver subito violenza da bambini non comporta automaticamente diventare violenti in età adulta. Ci sono infatti sia maltrattatori che non hanno mai subito o assistito a violenza durante l’infanzia, sia vittime di violenza che non ripetono tale modello di comportamento.

 alle donne che subiscono violenza “piace” essere picchiate, altrimenti se ne andrebbero di casa.Invece paura, dipendenza economica, isolamento, mancanza di alloggio, riprovazione sociale spesso da parte della stessa famiglia di origine, sono alcuni dei numerosi fattori che rendono difficile per le donne interrompere la situazione di violenza.

 la donna venga picchiata perché se lo merita. Invece nessun comportamento messo in atto dalle donne giustifica la violenza da loro subita ed inoltre gli episodi di violenza iniziano abitualmente per futili motivi.

 i figli abbiano bisogno del padre anche se violento. Invece gli studi a questo riguardo dimostrano che i bambini crescono in modo più sereno con un genitore solo piuttosto che in una famiglia in cui il padre picchia la madre.

 anche le donne sono violente nei confronti dei loro partner.Invece una significativa percentuale di aggressioni e di omicidi compiuti dalle donne nei confronti del partner, si verifica a scopo di autodifesa e in risposta a gravi situazioni di minaccia per la propria sopravvivenza. Inoltre, quando esiste si configura in modo diverso e raramente assume le caratteristiche di sistematicità e lesività che caratterizzano il maltrattamento maschile.

  Che fare quando si subiscono o si viene a conoscenza di situazioni ad  alto rischio di letalità? Rivolgersi a Centri Antiviolenza  presenti sul territorio o comunque  telefonare a numeri di pubblica utilità che offrono un servizio di accoglienza telefonica per le vittime di violenza e  da una Rete nazionale Antiviolenza approdano a referenti locali degli Ambiti territoriali di rete (cioè  Comuni, Province o Regioni, con le quali il Dipartimento per le Pari opportunità stipula un Protocollo d’Intesa per  sensibilizzare e contrastare la violenza di genere – Progetto Arianna)

 Il numero  1522 ANTIVIOLENZA DONNE offre :

 –          un Servizio di Accoglienza Telefonica multilingue, attivo 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno e garantisce l’anonimato di chi telefona. A tutte le chiamate provenienti dal territorio nazionale dà informazioni  ed un corretto accompagnamento guidato ai servizi operanti sul territorio.

–          un Servizio di Accoglienza Specialistico attivo nei giorni lavorativi, che dà una consulenza specialistica a donne in specifiche situazioni di difficoltà (mancanza di servizi territoriali di supporto, condizione di grave isolamento, criticità emotiva etc.)

Per emergenze più specifiche vedere qui  e chiamare ai seguenti numeri

800 290 290 ANTITRATTA

800 300 558 CONTRO LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI 

 

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Speriamo che sia…femmina?

Da Cicatrici di guerra: il Clan delle Cicatrici

Speriamo che sia…femmina?

Nel 2008 una nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri inviata dal Sottosegretario di Stato per i diritti e le pari opportunità invitava le scuole a riflettere su un fenomeno che sembrava assumere sempre più caratteri di “emergenza sociale”.

“ In Europa  tra le cause di morte delle donne  di età compresa tra i 16 e 44 anni, le brutalità commesse tra le mura domestiche  sono in testa alle statistiche , prima degli incidenti stradali e del cancro. In Italia  i  dati di un’indagine ISTAT pubblicata lo  scorso febbraio, stimano in quasi 7 milioni (31,9% delle donne di età tra i 16 e 70 anni)  le donne che hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della vita ( il 23,7% violenze sessuali, il 18,8% violenze fisiche, più del 10% entrambe). Nell ’ultimo anno un milione 150mila donne hanno subito violenza.  Circa un milione stupri o tentati stupri ad opera del partner o conoscente. Quasi un milione e mezzo di donne hanno subito violenze sessuali prima dei 16 anni e in un quarto di casi ad opera di un parente. In due terzi dei casi è stata ripetuta. Alla violenza fisica e sessuale si associa spesso quella psicologica. Dalle interviste risulta che il 95% dei casi di episodi di violenza non sono stati denunciati e un terzo delle donne non ne ha parlato con nessuno.

L’AOGOI (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani) denuncia  che le violenze domestiche sono la seconda causa di morte in gravidanza, dopo l’emorragia, per le donne dai 15 ai 44 anni.

Il Ministero delle pari opportunità, impegnato  da tempo in  una politica di contrasto, ritiene che si debba affrontare il fenomeno sul piano culturale per incidere sui modelli di identità di riferimento: è un’emergenza per un paese come il nostro che vuole essere civile e democratico. La scuola come comunità educante, nella costruzione di percorsi formativi , può fare molto perché i ragazzi e le ragazze crescano insieme nel rispetto reciproco  delle proprie identità.”

 Dopo questo bollettino di guerra tra i sessi, percepii allarmismo sociale che però mi pare ancor oggi confermato dai sempre più frequenti fatti di cronaca.Scrissi  questo post nel settembre del 2008, ma  esitai a lungo a pubblicarlo in quanto  molto personale e triste perché si riferisce a fatti e persone che ho conosciuto sia  in piccoli paesi di provincia  che in  una metropoli, capitale delle contraddizioni dove alla devianza e all’arte di arrangiarsi fanno da contrappasso la vivacità culturale, l’umanità e l’ironia della sua gente . In questi anni l’elenco delle donne maltrattate si è allungato, includendo anche  ragazze e donne che mai avrei immaginato così in difficoltà. Decisi di aprire un blog e di scrivere sulla violenza contro le donne , per raccontare, argomentare, sensibilizzare e purtroppo ne vedo  ancora confermata  la necessità.

 Ricordo   una compagna di classe sempre silenziosa e assorta, principessa di un talamo proibito, e  una ragazzina rimasta vedova a diciassette anni  con  un bambino di diciotto mesi di cui era madre e sorella; quest’ultima fu convinta a  sposare un ragazzo poco più grande di lei, morto ammazzato dopo un anno di matrimonio. Ripenso a  R. di cinquant ’ anni  sottratta dal figlio adolescente  ai calci e pugni di un marito manesco, a  M .scappata lontano dalle botte del compagno,con due dei tre figli, forte  del miraggio di un nuovo amore, a  S.  picchiata sistematicamente dal marito anche quando era incinta…la rabbia e la consapevolezza  di un’età più matura l’hanno cambiata e, dopo quasi venti  anni di matrimonio, lei aspetta un lavoro fisso per  troncare col passato e quell’ uomo che oggi piange dicendo che è cambiato anche lui. Rivedo S., che è riuscita a rifarsi una vita dopo anni con un marito che la ossessionava, e M. che nel figlioletto ha trovato la forza di lasciare il marito che la mandò all’ospedale per avere leggermente scostato il lenzuolo mentre di notte allattava il bambino. Cito E., un uomo, che ha deciso di amare, ridare il sorriso e  un nuovo figlio a L . e sostenere lei e i suoi  quattro figli dopo che lei osò  denunciare l’ex marito, uomo  e padre  violento.

Non dimentico  una ragazza dell’est in una caotica  stazione ferroviaria: il volto completamente viola, troppo tumefatto per essere caduta dalle scale, e due trolley  enormi  per contenere quanto più possibile, compreso  il mio tacito  augurio di buona fortuna.

Ricordo una ragazzina allo sbando tra  droga, sesso e rock’n roll per sfuggire ad una situazione di grave disagio familiare; voleva continuare a studiare e si preoccupava che  la sorellina più piccola non facesse le sue scelte. Indelebili nella memoria le ragazzine dai 10 ai 15 anni  che il Tribunale dei Minori  di una grande città aveva tolto alle famiglie e che aiutavo durante le attività del doposcuola. A volte in contesti “particolari” l’abiezione  è vissuta come  normale perché non si ha l’opportunità di conoscere alternative di vita veramente normali , compresa la  specificità  dei ruoli parentali .

Anni fa  una madre ventenne mi disse  “mio figlio deve studiare, non deve crescere disgraziato come me, né essere fetente come suo padre”. Aveva occhi azzurri, profondi e un po’ duri, lineamenti delicati, il viso tirato e stanco, tacchi alti e  calze a rete smagliate.

Scrivo però per A. che frequentava una stazione ferroviaria. La vedevo spesso di sera quando tornavo a casa perché  prendeva il  mio treno. Una volta la vidi  implorare una dose a  un ceffo  che la  derideva e la molestava davanti ad un gruppo di derelitti per mostrare quanto lei  fosse incapace di reagire, scheletrica e  senza denti. Una sera A. si sedette vicino a me e iniziò a raccontarsi. Mi chiese  se fossi  sposata . Le risposi che non ci pensavo nemmeno e che  studiavo; avevo 22 anni, lei due meno di me. Mi raccontò una storia purtroppo comune, priva di affetti familiari, fatta di degrado , di un amore sbagliato che la iniziò alla tossicodipendenza e alla prostituzione, di un figlio sottrattole alla nascita, di tentativi inutili di smettere e  di una deriva   inarrestabile in una periferia troppo povera. Se ne andò appoggiandosi ad un ragazzo per raccogliere quanto rimaneva nelle siringhe abbandonate lungo i binari. Pareva una di quelle farfalle che hanno perso la polvere magica dalle ali e annaspa per terra. Qualche sera più tardi  A. volò via ai piedi della scalinata della stazione, finalmente libera dalla dipendenza e dalle mortificazioni.

 È stato un caso incontrarla? Due solitudini diverse: io impegnata a costruirmi un futuro mentre lei voleva dimenticare un passato ingombrante e sopravvivere al presente.

 E ancora adesso penso a quelle ragazzine, ormai  donne.  Alcune stavano prendendo coscienza  di quanto subìto, altre non accettavano il distacco da quella che era comunque la loro famiglia, anche se degenere , la cui costante fissa  era l’assenza o latitanza della madre e  l’istinto del possesso brutale da parte di familiari, spesso  la mancanza di consapevolezza, a volte  la solitudine e l’incapacità di reagire. Saranno riuscite a conciliarsi con se stesse  per sorridere ed amare ? Una volta un medico un po’ cinico mi disse: “Qui per cambiare le cose, certi neonati andrebbero soppressi nella culla o tolti subito alle famiglie”. In tutte queste donne ho sempre colto un grande disorientamento e  sofferenza. Certe storie e certi occhi non si dimenticano, mai.

 Dopo tanto tempo  mi chiedo come  mai sia cambiato ben poco. Quasi ogni giorno i mass media  denunciano  casi di violenza , tentata, episodica, sistematica su bambine e donne …testimonianze delle  ragioni della forza, del disprezzo, della frustrazione inconscia, di una rabbia e bestialità indomabili, di una mentalità arretrata e irrispettosa.

 

Nel 2008 decisi di aprire un blog  anche per  dare voce a voi donne che a fatica avete acquisito o state acquisendo consapevolezza, al vostro  silenzio, al vostro   isolamento, al senso di  impotenza e di vergogna…perché ognuna di voi   aveva diritto a quella  parte di cielo che vi è stata  negata durante quelli che dovevano essere gli anni più belli e spensierati, e perchè qualcuno   riesca a capire che c’è violenza e abuso anche quando si approfitta consensualmente  della   giovane età , della miseria o della disperazione e riesca a vedere un’anima oltre le ali di farfalla.

 

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Una delle tante ragioni per cui ho iniziato a scrivere riguarda  la violenza contro le donne per raccontare, commentare , indignarmi sulle tante forme di discriminazione, abuso, maltrattamento, intolleranza contro la donna, alcune abiette e lontane , altre più subdole e sottili . Pian piano riprenderò questo tema, purtroppo sempre attuale.

Il femminicidio in atto è più evidente e denunciato, e non bastano solo le parole per fermarlo e interventi giudiziari per reprimerlo. Occorre una cultura che promuova il rispetto dell’identità di genere,  basata sull’ affettività e sul riconoscimento delle rispettive diversità, emozioni e sentimenti,  che insegni a trasporsi nell’ altro, per prevenire la violenza non solo contro le donne, ma contro tutti coloro ritenuti diversi o comunque percepiti come contrapposti. La rabbia latente esplode con un’aggressività che rivela l’incapacità di gestire le proprie emozioni e riconoscere quelle altrui non solo  in fondamentali svolte di vita, ma anche  in occasione di una partita di calcio o di  un parcheggio negato.

 Spesso in  occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne ho esortato a uscire dal silenzio .Oggi parlo del segreto, di quelle cose che  le donne non riescono a  dire ma, se svelate, con consapevolezza e aiuto-  ascolto esterno, può consentire alle vittime di violenza a recuperare l’istinto alla vita, quello che Clarissa Pinkola Estés nel saggio “Donne che corrono coi lupi” ed Frassinelli , definisce la Donna Selvaggia intesa come forza psichica potente, istintuale e creatrice, a volte soffocata da paure, insicurezze e stereotipi.

Non basta segnalare il  crimine, occorre trovare dentro di sè la forza di svelare il segreto per poter reagire. Ci sono strutture e persone in grado di recepire e aiutare nei centri anti violenza. Tante sono le denunce ma  un’esigua percentuale di donne si presenta ai colloqui per una consulenza psicologica, sebbene sia tutelata la loro privacy, perché permane non solo la paura di ritorsioni ma soprattutto la remora di svelare il segreto, di rivivere l’esperienza dolorosa.  Parlare ed elaborare il lutto ci fanno risorgere dalla zona morta, ci consentono di lasciarci alle spalle il culto mortale dei segreti. Dal lutto usciremo bagnate dal pianto non dalla vergogna. Solo così forse si  potrà tornare a vivere, anche se cambiate. È un atto d’amore  verso noi stesse oltre che una testimonianza utile per tutti.

 Da Cicatrici di guerra:il Clan delle Cicatrici 

 Le lacrime sono un fiume che vi conduce a qualche parte. Il pianto crea attorno alla barca un fiume che porta la vostra vita- anima. Le lacrime sollevano la vostra barca al di sopra degli scogli, delle secche, portandovi in un posto nuovo, migliore.

Esistono oceani di lacrime che le donne non hanno mai pianto, perché sono state addestrate a portare i segreti della madre e del padre, i segreti degli uomini, i segreti della società, e i loro segreti giù nella tomba. Il pianto della donna è stato considerato piuttosto pericoloso, perché allenta le serrature e i chiavistelli sui segreti che porta. In verità, per il bene dell’anima selvaggia, è meglio piangere. Per le donne le lacrime sono l’avvio dell’iniziazione nel Clan elle Cicatrici, questa tribù eterna di donne di ogni colore, di tutte le nazionalità, di tutte le lingue, che attraverso le epoche hanno vissuto qualcosa di grande, e hanno conservato l’orgoglio.

Tutte le donne hanno storie personali ampie nella portata e possenti nel numen, come nelle favole. Ma c’è un tipo di storia, in particolare, connessa con i segreti delle donne, specie quelli legati alla vergogna; contengono alcune delle storie più importanti cui una donna possa dedicare il suo tempo.

Per la maggior parte delle donne queste storie segrete sono incastonate non come pietre preziose in una corona, ma come nera ghiaia sotto la pelle dell’anima.

…i segreti di un maggior numero di donne riguardano la violazione di un codice sociale o morale della cultura, della religione, o del sistema personale dei valori. Alcuni di questi atti, eventi, scelte, in particolare e connesse alle libertà femminile in tutti gli aspetti dell’esistenza, erano spesso considerati dalla cultura vergognosamente sbagliati per le donne, ma non per gli uomini.

Il problema delle storie segrete avvolte nella vergogna è che separano la donna dalla sua natura istintiva, che è prevalentemente gioiosa e libera. Quando nella psiche c’è un oscuro segreto, la donna non può avvicinarsi a esso, e anzi si protegge da qualunque contatto con ciò che potrebbe rammentarglielo o far sì che la sofferenza già cronica diventi ancora più intensa…..

 

Di solito i segreti presentano gli stessi temi che si ritrovano nei drammi…i segreti, come le fiabe e i sogni, seguono inoltre gli stessi modelli e le stese strutture del dramma. Ma i segreti, invece di seguire la struttura eroica, seguono la struttura tragica. Il dramma eroico  inizia con un’eroina in viaggio. Talvolta non è desta da un punto di vista psicologico. Talvolta è troppo gentile e non percepisce il pericolo. Talvolta è già stata maltrattata e si abbandona alle mosse disperate della creatura in cattività. Comunque inizi, l’eroina cade poi negli artigli di qualcosa o qualcuno, e viene amaramente messa alla prova. Poi, grazie alla sua intelligenza e alle persone che di lei si curano, viene liberata e si leva più alta.

Nella tragedia l’eroina è ghermita, costretta, o portata agli inferi e poi sopraffatta, mentre nessuno ode le sue grida,ovvero le sue implorazioni vengono ignorate. Perde la speranza, perde il contatto con la preziosità della sua vita, e crolla…Il modo per ritrasformare una tragedia in dramma eroico  è svelare il segreto, parlarne con qualcuno, scrivere un altro finale, esaminare la parte in esso avuta e i propri attributi nel reggerlo. Si scoprono in pari misura dolore e saggezza…

 La persona che ha conservato un segreto a proprio detrimento resta sepolta dalla vergogna. In questa condizione universale, il modello medesimo è archetipo:l’eroina è stata costretta a fare qualcosa oppure, per la perdita dell’istinto, è rimasta intrappolata in qualcosa. Tipicamente, è impotente di fronte alla triste situazione. È in qualche modo legata alla segretezza da un giuramento o dalla vergogna. Si adatta per paura di perdere l’amore, il rispetto, la sussistenza esistenziale. Le donne sono state avvertite che taluni eventi, scelte e circostanze della loro esistenza, di solito connessi al sesso, all’amore, al denaro, alla violenza e/o ad altre difficoltà imperversanti nella condizione umana, sono estremamente vergognosi e pertanto non degni di assoluzione….

Nell’archetipo del segreto, un incantesimo viene gettato come una rete nera su parte della psiche femminile, e lei viene spinta a credere che il segreto non dovrà mai esser rivelato, e inoltre deve credere che, se lo rivelerà, tutte le persone per bene con le quali avrà a che fare l’ insulteranno per l’eternità. Questa ulteriore minaccia, insieme alla vergogna, fa sì che la donna non porti un fardello solo ma due.

Questo minaccioso incantesimo è un passatempo solamente tra le persone che occupano uno spazio angusto e nero nei loro cuori. Tra le persone che provano amore e calore per la condizione umana, è vero il contrario. Aiuteranno a disseppellire il segreto, perché sanno che produce una ferita che non si rimarginerà finchè alla cosa non saranno dati voce e testimone…

 

La donna dai capelli d’oro. 

C’era una volta una donna strana ma assai bella dai lunghi capelli d’oro sottili come grano filato. Era povera, non aveva né madre né padre, e viveva da sola nei boschi e tesseva su un telaio fatto con rami di noce scuro. Un tipo brutale, che era figlio del carbonaio, cercò di costringerla al matrimonio, e lei nel disperato tentativo di comprarne la rinuncia, gli regalò una ciocca di capelli d’oro.

Ma lui non sapeva o non si curava del fatto che era oro spirituale, non denaro, quello che gli aveva dato, e quando volle vendere i capelli come una qualsiasi mercanzia al mercato, la gente lo canzonò e pensò che fosse pazzo.

 

In collera, di notte tornò alla capanna della donna, la uccise con le sue mani e ne seppellì il corpo accanto al fiume. Per molto tempo nessuno si accorse della sua assenza. Nessuno si curava del suo cuore e della sua salute.Ma nel sepolcro i capelli d’oro della donna presero a crescere e a diventare sempre più lunghi. I magnifici capelli ondulati si sollevarono in spire attraverso la terra nera, e crebbero sempre di più fino a ricoprire la tomba di un campo di ondeggianti giunchi d’oro.I pastori tagliarono i giunchi per farne flauti, e quando presero a suonarli, i piccoli flauti cantarono e non smisero più di cantare.

 

Qui giace la donna dai capelli d’oro

Assassinata e nel suo sepolcro,

uccisa dal figlio del carbonaio

perché desiderava vivere.

 

E così l’uomo che aveva tolto la vita alla donna ai capelli d’oro fu scoperto e portato in giudizio,e coloro che vivono nei boschi selvaggi del mondo, come facciamo noi, furono di nuovo al sicuro.

 Se il messaggio manifesto è l’invito a stare attenti quando ci si trova nei luoghi solitari del bosco, il messaggio profondo è che la forza vitale della bella donna solitaria, personificata nei capelli continua a crescere e a vivere e a emanare conoscenza conscia anche se tacitata e sepolta…Questo frammento è bello e prezioso, e inoltre ci parla della natura dei segreti e anche, forse, di che cosa viene ucciso nella psiche quando la vita di una donna non è tenuta nel debito conto. In questo racconto, l’assassino della donna che vive nei boschi è il segreto. Lei rappresenta una kore, quell’aspetto della psiche femminile che è la donna-che-non –si-sposerà-mai. La parte della donna che vuole stare in solitudine è mistica e solitaria in un modo bello, ed è occupata a selezionare e tessere idee, pensieri e imprese. È questa donna solitaria e ripiegata su se stessa che è soprattutto ferita da traumi o dal dover mantenere un segreto… questo senso integrale dell’io che ha bisogno di avere poco attorno per essere felice; questo cuore della psiche femminile che tesse nel bosco sul telaio di noce scuro, ed è in pace.

Nella favola nessuno indaga sull’assenza di questa donna vitale…Non è insolito nelle favole né nella vita reale…

Spesso la donna che ha dei  segreti incontra la medesima reazione. Sebbene la gente percepisca talvolta che al centro il suo cuore è trafitto, per caso o intenzionalmente chiude gli occhi sulla sua evidente ferita.

Ma in parte il miracolo della psiche selvaggia è che, per quanto una donna sia “uccisa”, sebbene sia ferita, la sua vita psichica continua , e risale in superficie, cresce, e nei momenti di pienezza canta, canta. Allora l’ingiusto male subito viene appreso a livello conscio, e la psiche inizia la ricostruzione.

 È interessante non vi pare? che la forza vitale di una donna possa continuare a crescere anche se lei è apparentemente senza vita. È la promessa che anche nelle condizioni più misere la vitale forza selvaggia manterrà vive e fiorenti le nostre idee, anche se, per un po’, sotto terra. Col tempo riusciranno a spuntare. Questa forza vitale non lascerà tutto quieto finchè non saranno rivelate le circostanze e il luogo del delitto.

Come per i pastori della storia, ciò implica respirare profondamente e liberare il respiro- dell’anima o pneuma attraverso le canne, per conoscere come stanno veramente le cose nella psiche e che cosa bisognerà fare. Occorre cantare. Il lavoro di scavo seguirà…

Quando una donna mantiene un segreto vergognoso, l’enorme quantità di auto biasimo e tortura che deve sopportare è tremenda a vedersi…La donna selvaggia ( con istinto alla vita) non può vivere così. I segreti vergognosi diventano ossessivi…sono come un filo spinato che le si stringe attorno alle budella se cerca di liberarsi. Sono distruttivi non soltanto per la sua salute mentale, ma anche per le sue relazioni con la DonnaSelvaggia. La Donna selvaggia scava, getta tutto per aria, mette in fuga. Non seppellisce né dimentica. Se per caso seppellisce, rammenta che cosa e dove, e ben presto si preoccuperà di dissotterrarla.

Questa favola e altre simili sono medicamenti da applicare a queste segrete ferite; sono un incoraggiamento, un consiglio e una risposta. Dietro alla saggezza della favola sta il fatto che, nelle donne come negli uomini,le ferite inferte all’io, all’anima e alla psiche con i segreti o altro, fanno parte dell’esistenza dei più. Né può essere evitata la cicatrizzazione. Ma esistono delle cure, ed è assicurata la guarigione…Reprimere il materiale segreto circondato dalla vergogna, dalla paura,dal senso di colpa o dall’umiliazione in effetti sbarra tutte le altre parti dell’inconscio prossime al luogo del segreto….Se tuttavia una donna desidera serbare i suoi istinti e la capacità di muoversi liberamente nella psiche, può rivelare il suo o i suoi segreti a un essere umano degno di fiducia, tutte le volte che lo ritiene necessario. Di solito una ferita non viene disinfettata e poi abbandonata a se stessa:viene pulita e medicata più volte mentre va guarendo… Chi lo ascolta lo fa col cuore aperto e trasale, rabbrividisce, prova quel dolore senza crollare…così una donna comincia a riprendersi dalla vergogna ricevendo il soccorso e le cure che le mancarono al momento del trauma…ma rimarrà certo una cicatrice. Al cambiare del tempo la cicatrice dorrà ancora. Questa è la natura del vero lutto… Quando un segreto non viene confidato il lutto continua, per tutta la vita. …Parlare ed elaborare il lutto ci fanno risorgere dalla zona morta, ci consentono di lasciarci alle spalle il culto mortale dei segreti. Dal lutto usciremo bagnate dal pianto non dalla vergogna.

 

Nel lutto,  la Donna Selvaggia sarà con noi. Lei e l’Io istintuale. Può sopportare le nostre urla, i nostri lamenti e il nostro desiderio di morire senza morire. Applicherà i migliori medicamenti là dove il dolore è più  insopportabile…Proverà dolore per il nostro dolore, e lo sopporterà, senza fuggire. Anche se molte saranno le cicatrici, è bene ricordare che, nella resistenza alla tensione e alla pressione, la cicatrice è più forte della pelle.