Mentre ero a spasso per il mercato domenicale di Porta Portese, su una bancarella di stampe,di manifesti pubblicitari e giornali, ho scorto la scritta “ Matilde Serao” su un libretto nascosto tra vecchie etichette e cartoline. Il nome della scrittrice è già di per sé garanzia di uno stile ridondante in cui le descrizioni si snodano dall’esterno per intrecciarsi nella mente del lettore , inconfondibile per le sfumature lessicali e – cosa straordinaria delle grandi penne- per le riflessioni sempre attuali, forse perché attingono dall’animo umano e da un’intelligenza vivace. Il titolo del libricino è “Fascino Muliebre” e sinceramente credevo riservasse argute frecciate alle dame dei salotti che amavano spettegolare sull’anticonformismo della scrittrice.
L’ho letto d’un fiato e ho scoperto che i vari capitoli esplorano l’universo della bellezza femminile attraverso immagini storiche e mitologiche, osannano l’acqua , l’idroterapia e i rituali del regno della teletta, suprema arte feminea, svelano consigli e segreti per esibire belle mani, bei piedi nel capitolo intitolato “La bellezza di Cenerentola”, una splendida capigliatura in “ La chioma di Berenice”, il profumo di belle labbra. Da riferimenti storico letterari di partenza la Serao arriva a reclamizzare – qui la sorpresa- prodotti chimico-farmaceutico- igienici della società A Bertelli di Milano , e in particolare modo della linea di profumeria igienica Venus (acqua, estratti, brillantina, lozioni, olio, profumi, saponi, pomate) elencati in un prezzario nelle ultime pagine.
Peccato che sul libretto non sia indicato l’anno di stampa . Presumo che fosse annesso a qualche altra pubblicazione, forse di un giornale dell’epoca?
Eccone uno stralcio tratto dal capitolo “Nel regno della teletta”
“La parola toilette– dicono i ricercatori delle origini delle parole- trasse la sua fortuna da un movente assai esiguo, come accade di quasi tutte le cose destinate ad una grande popolarità. Essa viene da toile, tela, giacchè al principio del diciassettesimo secolo, le signore solevano portare in viaggio, in un sacchetto di tela, esternamente assai lavorato e leggiadramente adorno, gli oggetti per l’abbellimento del volto e dei capelli; il sacchetto era fatto per modo che, aprendolo, si distendeva come una tovaglietta, una piccola tela, una toilette, sovra un tavolino da lavoro, che si collocava avanti alla specchiera, e lì la signora, la sua camerista, la sua pettinatrice o l’azzimato parrucchiere dalla mano lieve comme des pattes de papillons, compivano quella mirabile opera di architettura, di polverizzazione, d’incipriamento, di miniatura, di ritocco e di dipintura minuziosa che assurse poi agli onori della massima illustrazione, un secolo dopo, sotto lo scettro di Madame de Pompadour, di Maria Antonietta e della principessa di Metternich.
Alcuni filologi hanno invocato anche l’origine dalla parola provenzale e italiana tavoletta, taoletta ,e quindi anche tailetta, toilette, teletta.
Che cosa diventò, poi, la teletta! Ve ne erano, per le dame francesi, due, e non più di tela, ma fisse avanti all’enorme specchio, che le avviluppava tutte nella sua ampiezza indiscreta: una era per la preparazione intima, la teletta privata, raccolta, discreta, l’altra, vero poema di merletti e di rabeschi, era per l’adornamento sontuoso, che la dama si faceva completare in presenza dei cortigiani e dei corteggiatori, in un salone dorato e rabescato. Questo era il salotto- boudoir– dalla tradizionale spinetta che accompagnava il passo molle e carezzoso del minuetto; ivi si compiva l’incipriamento, la postura dei nèi finti, si dava l’ultimo tocco di minio, si appuntava l’aigrette, fra le lodi sussurrate e le ciance dolci e banali. Oh, cari, spirituali, frivoli e pur affascinanti boudoirs, ritratti dal pennello di Watteau, ove aleggiava la poesia sottile come la cipria e colorita come una tortuosa pavana! Ancora, ancora da quelle figure di donne per le quali il supremo studio della vita era l’arte di piacere, di ammaliare, l’arte d’ingentilire in un’onda d’incanti la loro bellezza, ancora come da esseri viventi e gorgheggianti si sprigiona un caldo sapore di vita, un’onda di armonie che raramente possono ritrovarsi ai giorni nostri!
Che cosa vi era, allora, su la teletta tutta avorii, ori e argenti della signora elegante, dove i più celebri miniaturisti, orafi, argentieri, incisori e scultori annidavano le carezze della loro arte delicata, tutta leggiadrie e profumi? Chiedetelo a gli scrittori che ricostruirono quel mondo così gaio e così interessante: ai Goncourt, che ne penetrarono l’anima; a Théophile Gautier, che ne dipinse con pennellate nobilissime la merlettata esteriorità. Erano arsenali di ninnoli, di fiale, di cofanetti, di boccette, di ordegni, di ampolle, il contenuto dei quali era una immensa varietà sortita di fantasie sempre fertili, sempre tormentate dall’idea fissa dell’originalità.
Oggi, la moda, il gusto diverso, i ritrovati nuovi hanno semplificato ogni cosa; ma il piccolo arsenale della teletta di una signora elegante, che segua le norme dell’igiene con la stessa scrupolosità con cui cura la sua bellezza, non è meno interessante. Il tipo è unico, e la donna d’altronde è conservatrice per eccellenza, anche quando sembra subire qualche evoluzione…”
Seguono citazioni di prodotti Venus , acqua da teletta, vellutina, brillantina, glicerina, lozione, crema cosmetici antisettici ricciolina, essenze profumate al gelsomino, mughetto, violetta rosata, rosa thea, ylang-ylang …
Usi, costumi e atmosfera di altri tempi, ma il piccolo arsenale, fisso e mobile, della teletta esiste ancora, a ogni età e non solo per le donne. Una ragione in più per difendere a spada tratta dalle critiche e dai tentativi di espropriazione le creme e le cremine idratanti, emollienti, struccanti, nutrienti, rigeneranti, antirughe, antistress, rassodanti, snellenti ecc…ben schierate nei mobiletti e sulle mensole del bagno .
Chissà che effetto farebbe oggi veder reclamizzare una crema nutriente da una scrittrice! A Parigi al Museo D’Orsay, ho visto una boccetta di profumo datata 1893 della Maison Guerlain chiamato: Les jardins de mon curé. Ciao cara Maria.
@filo: beh gli scrittori ci nutrono di atmosfere e immagini :). Mi viene però in mente Dalì che diede il nome a un profumo e creò bottiglie per un amaro. Ciao, Fio
Ma guarda che piacevole sorpresa..molto interessante!Gran bel post!
Mi piacerebbe ti iscrivessi al mio blog , per non perderti di vista, potremmo andare ai mercatini assieme!!!!!!!!
@nella: sì l’ho scoperto per caso. Grazie per il commento, ho visitato il tuo blog.
Ma grazie per esserti iscritta…
E ora chi ti abbandona più!
E’ veramente un immenso piacere!
@nella: grazie a te!
finalmente ce l’hai fatta!!!! SEI TORNATA!!!! nei prossimi giorni mi leggo di gusto tutte le tue nuove pubblicazioni…..sono veramente contenta!!!!
@sirtawa: ciao sirt, ben ritrovata. si ricomincia
Ma dove il suo sogno arrivava al suo più alto punto di sogno e di realtà, era nella creazione dei personaggi. Egli li vedeva; gli apparivano, non come fantasmi, ma come persone vive, lo guardavano, gli parlavano, vivevano con lui, col viso che lui aveva dato loro, con quel corpo, con quei vestiti, con quello sguardo, con quella voce. Le donne specialmente. Venivano a trovarlo, nelle sue ore di sogno, fanciulle castane, dagli occhi pieni di luce e di bontà, dai sorrisi semplici, donnine bionde e delicate, dalle movenze aggraziate, dalle labbra di carminio, donne brune e splendide, dagli occhioni di baiadera, dalle bocche provocanti e voluttuose, verginelle pallide e mistiche, dai volti esangui e dai corpi magri, peccatrici dagli occhi tinti e dalle guance biaccose. Venivano nei loro abiti di raso, di lana, di broccato, di cenci, di teletta, di trine, tutte sfolgoranti di bellezza, sorridenti di bontà, traspiranti malinconia, emanando il profumo del cielo o il profumo della colpa. Esse venivano a lui, sedevano, gli narravano la propria vita, piangevano, ridevano appoggiavano il capo sulle sue ginocchia, canticchiavano una canzoncina, mormoravano dei versi pieni di dolore, suonavano sopra l’arpa una tarantella, sfogliavano dei fiori, poi, come Ophelia, partivano per ritornare. Lui le conosceva, le chiamava per nome, sapeva la loro vita, Qualcuna, la più stranamente bella, la più misteriosamente incantatrice, la più gaia o la più triste, lo abbracciava e lo baciava, lievemente, sulla fronte, poichè egli l’amava.