Di fronte a Marina della Lobra, borgo marinaro di Massa Lubrense, a circa un miglio di distanza da terra emerge dal mare lo scoglio del Vervece (dal latino vervex che significa caprone), in dialetto detto ‘o Revece.
Pare che quest’isolotto abbia determinato la forma del fondoschiena delle donne massesi. Infatti una leggenda popolare narra che le energiche massesi, giovani e meno giovani, zitelle e maritate, decisero di tirare lo scoglio a riva con una robusta fune temendo che i Sorrentini volessero rubarlo o, secondo un’altra versione, per riparare Marina della Lobra dalle mareggiate. A forza di tirare, la fune si spezzò e le donne caddero all’indietro subendo un grave danno consistente nell’ appiattimento e ingrossamento del deretano. L’aneddoto è descritto da un canonico a Monsignor Giuseppe Giustiniani, arcivescovo di Sorrento dal 1886 al 1917 nel terzo canto del poemetto ‘O Paese mio di Francesco Saverio Mollo.
Il Vervece fa da scenario anche ad un’altra storia che ha come protagonisti due pittori: Carlo Amalfi e Luigi Blower. Quest’ultimo si rivelò un falso amico, invidioso e malvagio al punto tale da fare imprigionare Carlo. Durante la prigionia l’Amalfi capì l’inganno e meditò la vendetta. Scontata la pena, l’esperto marinaio Carlo invitò l’amico a fare un giro in barca a vela proprio quando s’avvicinava una burrasca. Luigi, non sapendo nuotare e spaventato dal mare agitato, lo pregò di farlo sbarcare. Carlo pensò bene di abbandonarlo sullo scoglio del Vervece, esortandolo a meditare sul male che gli aveva fatto. Il giorno dopo tornò all’ isolotto per recuperarlo, ma non lo trovò. Lo cercò invano e a lungo e per il resto della vita fu tormentato da incubi di tempeste e naufragi causati dal rimorso di aver provocato la morte di Luigi. Quando capì di essere in fin di vita, Carlo chiamò un frate cappuccino per confessare il presunto delitto e scoprì che quel frate era proprio Luigi Blower che, tratto in salvo da alcuni procidani, si era poi ritirato in convento per espiare i peccati commessi. Così Carlo Amalfi morì libero dal senso di colpa…ma in compenso l’amico Luigi gli aveva turbato non poco la vita.
Il Vervece però è noto perché nelle sue prossimità Enzo Maiorca conquistò il record mondiale di profondità in apnea (1974). Successivamente fu posta una Madonnina di bronzo alla base dello scoglio a circa 15 metri di profondità. Qui ogni anno, la seconda domenica di settembre, è celebrata una messa in onore della Madonna del Vervece, protettrice dei subacquei, alla quale partecipano molti devoti, che raggiungono lo scoglio con ogni tipo di imbarcazione, e sub che s’immergono per deporre fiori.
Splendide leggende che non conoscevo..o verità nascoste ..chissà!!!
Grazie come sempre amica cara!
Una stellata serata e un magico ferragosto!!!
@nella: sul lungomare ci sono troppe luci, ci vorrebbe una buia notte dell’entroterra per scrutare il cielo.
Buon ferragosto anche a te.
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Ciao Marì.oggi un po’ di calma, approfitto per collegarmi dal wifi del cugino. Successo oltre ogni previsione della festa del Sanguanello, terza edizione. Torno il 21, spero di fare in tempo per vederti ancora una volta. Baci Fio
@Filo: sono contenta per il Sanguanelo e ti aspetto, così mi racconti . A presto!
Meraviglioso! Mi chiedo quanti bicchieri di vino ci vogliano per aprire il cassetto «oggi creo una leggenda» sito in un angolo remoto del nostro cervello. 😉
@Caigo. Bentornato! Vino? Naaaa, a me basta un po’ di musica nelle orecchie 😉
Una zona molto bella e tra l’altro definita il paradiso dei sub.
@Web sul blog.:sì tra l’altro fa parte del parco marino di Punta Campanella ,ed è una bella zona di immersione
Una leggenda davvero scolpita nella pietra!
@Adriano Maini: infrangibile : D